Andrea Deugeni intervista il Segretario Nazionale della Fabi , L.M. Sileoni, sul tema del momento: il Piano Industriale Unicredit.

E’ un’intervista da leggere con attenzione fino in fondo, anche se si nota già dalle prime righe che nelle dichiarazioni c’è molto “fumo e poco arrosto”. Ci sono anche parecchie inesattezze: sulla situazione dei mercati nell’Est Europa, sulla situazione dei dirigenti di Unicredit, sui prepensionamenti (non) obbligatori, giusto per citarne alcuni.

Su quest’ultimo punto appuntiamoci l’affermazione di Sileoni.

“Se non si trovano le persone perché non ci sono i volontari che voglio andare in pensione spontaneamente, UniCredit si dovrà fermare: noi sindacati non saremo mai disponibili ad accettare i prepensionamenti obbligatori. La differenza è sostanziale“.

Prendiamo atto e speriamo che queste affermazioni si traducano in una linea sindacale da difendere anche di fronte all’Azienda e non siano solo mere dichiarazioni di facciata da rilasciare alla stampa per tenere buona “la truppa”. Ricordiamo infatti che in un recente passato Unicredit ha già adottato questa forma di uscita coercitiva. Come dimenticare un accordo che ha fatto molto discutere? Di quell’accordo se n’è persino occupato la stampa nazionale poiché salvava dall’uscita obbligatoria alcuni sindacalisti (anche Fabi) mentre mandava a casa  – loro malgrado – 600 lavoratori con i requisiti pensionistici maturati (* sull’argomento si vedano alcuni post). Confidiamo che questa volta la fabi si impegni per garantire omogeneità di trattamento e che l’uscita volontaria varrà per tutti e non per i “soliti noti”.

Anche se l’affermazione che più fa sorridere (anche se ci sarebbe da piangere) è questa:

(…) purtroppo per i lavoratori tedeschi e austriaci, il gruppo calca la mano proprio in Germania e in Austria. Nazioni che, a differenza dell’Italia, non hanno il condizionamento forte del sindacato del credito. (…)

Ci perdonerà Sileoni se su questa affermazione siamo parecchio dubbiosi. Noi questa forza, tutto questo condizionamento nelle scelte strategiche aziendali o di settore non riusciamo a trovarle. E l’ultimo CCNL è lì a dimostrarlo. Non a caso, proprio la fabi, ha rilasciato un comunicato nel quale si stigmatizzava il comportamento di Unicredit sulle anticipazioni riportate dalla stampa sul piano industriale violando, a detta sua, gliobblighi stringenti di informativa alle rappresentanze dei lavoratori previste dal contratto nazionale di categoria e dalle leggi del nostro paese al fine della contrattazione delle ricadute del Piano d’Impresa.”

Quindi se l’Azienda interpella i sindacati “a cose fatte”, quale potrà mai essere il forte condizionamento?

In Italia il sindacato è per la concertazione, pratica che ha comportato l’arretramento pesantissimo dei diritti e del potere d’acquisto per tutti i lavoratori del belpaese. In altri paesi, come l’Austria, il sindacato è persino azionista dell’Azienda (è il caso di Bank Austria). Forse anche loro non riusciranno a fermare lo smembramento della loro azienda, ma ricordiamoci che le nostre armi non sono meno spuntate delle loro.

Insomma un’intervista che è più o meno un manifesto politico, nulla più. Una cosa traspare però chiaramente, la necessità in questo Paese di una profonda revisione della rappresentanza sindacale, che torni a dare voce ai lavoratori. I lavoratori del credito hanno ancora molto da rimetterci e finché non prenderemo consapevolezza del nostro ruolo sociale e della nostra dignità professionale continueremo a perderlo sempre più in fretta. I lavoratori devono cominciare a preoccuparsi seriamente dei propri interessi… perché altri i loro li sanno fare fin troppo bene.

* Alcuni post

 

L’articolo:

UniCredit, sindacati pronti allo sciopero. L’intervista a Sileoni (Fabi)

By jvb