Ai guru del politicamente corretto, ai prezzolati avvoltoi dello stormo sindacale non basta più prenderci per i fondelli durante tutto l’anno: hanno il preciso compito di centrifugare i cervelli di continuo, senza sosta e senza ritegno, non curandosi più di vagliare se quello che affermano possa essere confutato da chi ha ancora un barlume di ragione. Assolutamente no, tanto le voci critiche vengono inevitabilmente oscurate, censurate, criptate e deformate.

E se osi muoverti al di fuori delle regole del “poltically correct” stabilite in un osceno intreccio tra azienda e parti sociali vieni bollato come eretico e guerrafondaio.

E’ quanto accaduto alla Fisac Cgil di Roma che ha “scoperchiato” il caso dei sindacalisti non pensionabili rendendolo pubblico fin dall’inizio. E su quest’argomento è arrivata la piccata replica della Uilca (che potete leggere qui), sigla chiamata in causa più di altre su pseudo inciuci a difesa di alcuni suoi dirigenti.

E’ solo un gioco al massacro fra sigle come la Uilca vuol farci credere? Una sorta di guerra senza quartiere a caccia dell’ultima tessera, dell’ultimo iscritto? Un attacco “politico” volto a mettere in difficoltà una sigla per favorirne un’altra?

Noi ne dubitiamo e non condividiamo affatto questa analisi. Ma sono punti di vista, opinioni. E ciascuno giustamente ha le proprie.

La considerazione,  forse meno scontata ma pur sempre pertinente, è invece questa: se tutto è avvenuto alla luce del sole perché non è stato reso noto dalle stesse organizzazioni? Forse perché temevano che i lavoratori non avrebbero capito e si sarebbero fatti – guarda un po’ – la strana idea che esistono lavoratori di serie A e lavoratori di serie B? Che siamo tutti uguali, con gli stessi diritti, ma ci sono coloro che sono più “uguali” degli altri?

Ed è corretto firmare un accordo a favore di se stessi? Le Organizzazioni hanno forse chiesto all’Azienda di procrastinare di quel tempo necessario a sanale le posizioni lavorative e sindacali?

Sicuramente è stato chiesto ed ottenuto dall’Azienda un “favore”, ma questo trattamento di riguardo per alcuni sindacalisti (e per cortesia si smetta di chiamarli lavoratori; perché costoro col lavoro, quello vero, che angoscia e stressa chi lotta con i budget esasperati ed affronta i clienti ogni giorno non hanno più nulla a che fare da tempo!) non ha forse messo in difficoltà le stesse Organizzazioni Sindacali nel denunciare i licenziamenti di lavoratori e la contemporanea riassunzione degli stessi come consulenti (comportamento fra l’altro contrario all’accordo sottoscritto)?

Riporto alcuni brani tratti da Sindacati in difficoltà devono fare i conti con la sfiducia dei lavoratori

I sindacati sono nati da un richiesta ben precisa, quella di tutelare i lavoratori.
Chiunque possieda un lavoro deve fronteggiare varie problematiche lavorative legate, ad esempio, ad adeguamenti della retribuzione al costo della vita o a cambiamenti delle condizioni lavorative.
Una tutela dei diritti è necessaria ed i sindacati infatti si occupano proprio di difendere e proteggere le categorie produttive, migliorando le condizioni del lavoratore.

Il contesto lavorativo attuale però duramente segnato dalla crisi ha reso visibili le pecche di un sistema in cui sono presenti sempre le stesse persone al comando che hanno perso un requisito importantissimo: la lungimiranza.

“Milioni di precari, giovani ma non solo, non vedono nelle organizzazioni sindacali un soggetto che li possa rappresentare e che possa supportarli nel gestire i nuovi problemi lavorativi”.,il problema sta soprattutto nella mancanza di democrazia nei contratti e sugli accordi che dovrebbero non solo dare voce ma, anche diritto di veto ai lavoratori stessi. Non è inoltre visibile ai lavoratori in che modo il sindacato contribuisca a definire uno scenario occupazionale per il futuro e non solo a “risolvere” le problematiche contingenti legate alla crisi.

Sono principalmente i nostri giovani a fare i conti con le inefficienze degli organi rappresentativi, non si rispecchiano nelle linee di condotta decise, ed il sindacalista viene oramai visto come una sorta di privilegiato a cui tutto è permesso, che rappresenta solo gli interessi di alcuni.

I lavoratori hanno bisogno di un interlocutore forte in grado di riunirli e parlare a nome loro, una voce che la dia a chi non ne ha.

 

La realtà ormai è questa.

E non aspettiamoci un po’ di sana autocritica. 

Nel fondato dubbio auguriamo a tutti, loro compresi, un nuovo anno ben diverso dal precedente.

By jvb

One thought on “Unicredit: quando il sindacato difende se stesso (parte seconda).”

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