(…) Ebbene, sono almeno due anni che questo sistema di relazioni è in disfacimento. Mediobanca ha nel suo piano industriale l'uscita dai patti di sindacato e la cessione di ogni partecipazione tranne quella nelle Generali. In quest'ultima per la prima volta è stato nominato nel 2012 un manager esterno, Mario Greco, per di più renziano, che non risponde a logiche di grandi soci e che allo stesso modo è uscito dai patti e si è disimpegnato dalle operazioni di sistema. Le due grandi banche italiane, per anni guidate anche secondo le logiche di potere da due manager come Corrado Passera (Intesa) e Alessandro Profumo (Unicredit) sono oggi nelle mani di due manager più giovani e tenuti (anche per gli effetti della crisi) solo a far quadrare i conti, quali Carlo Messina e Federico Ghizzoni. Nello stesso tempo hanno lasciato la scena grandi volponi quali Antoine Bernheim, Cesare Geronzi, Franco Bernabè o Luca Cordero di Montezemolo. Pirelli è tornata a occuparsi solo di pneumatici, Fiat, nelle mani di un manager autonomo e forte quale Sergio Marchionne, si fonde con Chrysler e va in Olanda, Telecom sta trattando in questi giorni l'ingresso nel capitale del gruppo francese Vivendi. Il gruppo Cir-De Benedetti, dopo il fallimento dell'avventura nell'energia di Sorgenia, ha ormai poco di industriale e l'Ingegnere si occupa essenzialmente dell'editoria nel gruppo Espresso. Che, tra l'altro, esprime con Repubblica il quotidiano più vicino a Renzi: difficile pensare che il rottamando sia proprio De Benedetti.

(…) Il premier, per esempio, è accusato di avere nel suo stesso salotto gli uomini della seconda banca d'affari del mondo, JpMorgan, che da un paio d'anni gli detterebbe l'agenda. Mentre uno come Massimo D'Alema lo individua come il terminale scelto dai poteri forti per liquidare la sinistra. Una cosa sola è certa: tirare fuori l'ormai vecchio ma efficace ritornello dei salotti buoni funziona bene.

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By jvb