Il Direttore Generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, il 14 novembre ha tenuto a Milano una relazione su “Finanza e crescita dopo la crisi”, a conclusione del CIB 2013 – Management Executive Program di SdaBocconi per il personale direttivo delle banche.
Partendo dal presupposto che una finanza sviluppata è il fulcro introno al quale possono crescere le economie moderne, rimane da capire come finanziare i processi di crescita (in particolare i progetti innovativi) in un sistema economico come quello italiano che è “banco-centrico”, cioè con meno capitale e più ricorso al debito bancario.
[banner network=”adsense” size=”336X280″ type=”default”]L’analisi mette in evidenza cosa si è fatto per far evolvere una struttura finanziaria che fosse in grado di supportare le imprese nel lungo periodo, ma queste azioni sono risultate del tutto inadeguate. La questione non è solo normativa ma anche e soprattutto culturale, della qualità delle istituzioni costruite nel tempo e dei processi politici che le hanno generate. Non a caso il Direttore Generale di Bankitalia nelle sue conclusioni cita il libro di due professori americani, Daron Acemoglu (Massachusetts Institute of Technology) e James A. Robinson (Harvard): Why Nations Fail.
In quel saggio i due autori mettono in evidenza che il lento sviluppo economico di un paese non dipende da fattori religiosi, climatici o culturali; o meglio non solo. Il segreto sta nelle istituzioni che lo governano, dal sistema politico scelto. Solo quando le nazioni sono governate da istituzioni inclusive, aperte alla concorrenza e all’esterno, il loro benessere è destinato a crescere.
Il successo dei Paesi è quindi il risultato di un delicato equilibrio tra libertà economica, pluralismo politico ed uno Stato forte.
Ciò che manca all’Italia: partiti politici senza etica e morale che mirano più a difendere posizioni e rendite personali, monopoli pubblici e privati, burocrazia, relazioni familistiche ed un connubio al limite dell’osceno tra politica e finanza .
Ma qui l’analisi del D.G. di Banca d’Italia non ci propone una ricetta per rilanciare un sistema finanziario che sia in grado di sostenere l’attività produttiva presente e soprattutto di pensare il futuro.
Si limita a riconoscerne la necessità di un cambiamento per sostenere il rinnovo della struttura produttiva del nostro paese.
A chi il compito quindi di riformare la finanza in questo paese?
Testo dell’intervento in versione pdf
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