Banca Intesa: evoluzione dello smart working con la possibilità di lavoro flessibile fino a 120 giorni all’anno, senza limiti mensili (unica richiesta il rientro di 1 gg ogni 30) e la settimana corta di 4 giorni da 9 ore lavorative a parità di retribuzione, su base volontaria e senza obbligo di giorno fisso. È inoltre prevista un’indennità di buono pasto di 3 euro al giorno, per tener conto anche delle spese sostenute lavorando da casa.

Questa in sintesi la posizione aziendale che non è stata condivisa dalle organizzazioni sindacali. Intesa pensa solo a ridurre i costi? In effetti, solo in tickets mensa ci saranno parecchie centinaia di miglia di euro di risparmi (1 buono pasto in menso a settimana se adotti la settimana corta anche se lavori sempre in ufficio ed addirittura 120 gg di tickets restaurant a metà prezzo per ogni smart worker). Senza considerare i risparmi energetici e di materiale di cancelleria e stampati che si potranno realizzare nei grandi stabili. La domanda è: ma se l’azienda otterrà il suo obiettivo di riduzione costi, ci saranno analoghi benefici per i lavoratori? Secondo le Oo.Ss. no.

Non a caso alla proposta hanno detto no grazie.

La fabi, che fino a ieri firmava tutto, anche il deroga al CCNL, oggi si dice scandalizzata del mancato rispetto del contratto di categoria (LE INIZIATIVE AZIENDALI SULLO SMART WORKING DEROGANO IL CCNL: ATTENDETE PRIMA DI PRENDERE DECISIONI). Come non ricordare il 2018? Alla fine l’ABI ottenne ciò che voleva. La conferma arrivò propri dai sindacati. Dopo anni di lotte, ABI riuscì nel suo intento di far passare un nuovo modello organizzativo per la gestione degli sportelli che svincoli il lavoratore dall’azienda mediante nuove forme di lavoro autonomo (o meglio semi autonomo). Se non ricordo male furono 120 le assunzioni in Intesa con contratto misto. Quindi oggi di cosa si stupisce la fabi? Che l’Azienda voglia concedere il lavoro da casa per più giorni di quelli previsti? Ma è proprio quello che chiedono i lavoratori! Maggiore flessibilità. Se ne sono accorti tutti tranne i sindacati. E per averla, molti lavoratori sono disposti anche alla rinuncia di una componente economica reale (come i buoni pasto, per esempio); cosa che non condivido ma tant’è.

Ma ecco il secondo punto: l’appiattimento verso il basso dei diritti dei lavoratori. Smart working? O tutti o nessuno. Assurdo. Si vuole uniformità tra strutture e realtà diverse, con metodologie e carichi di lavoro diversi e soprattutto con REMUNERAZIONI diverse. Insomma si predica l’uguaglianza e la protezione di alcuni, con l’intento di appiattire verso il basso tutta la struttura produttiva secondo una logica non produttiva. Questo è un modo di pensare già introdotto in politica da Enrico Berlinguer. Anche #BancaIntesa (come del resto #UniCredit) un simile atteggiamento trova quindi terreno fertile? L’orientamento (politico) dei banchieri a quanto pare è sempre lo stesso. Ed a rimetterci, come sempre, i lavoratori.

Del resto, forse i sindacati non se ne sono accorti, già oggi non c’è equità nel mondo lavorativo dei bancari. Diversità ed Equità hanno valore solo se parla di questioni che fanno riferimento alla sfera sessuale, religiosa, politica (forse)….non certo all’approccio lavorativo; in questo caso è accalarato che a parità di mansioni e attività svolte, la retribuzione puo’ essere differente anche solo in base alla sede di lavoro. Si è tutti uguali nei metodi e nei modelli di premiazione al raggiungimento dei risultati, ma ci sono realtà nelle banche in cui il merito è discrezionale (o soggettivo) ed altre in cui è oggettivo (e ben remunerato).

Quindi di cosa stiamo parlando?

Immagine: interskriniar

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By Pigi