#Unicredit ha aderito a “Valuable 500”, ovvero al movimento globale che ha come obiettivo quello di porre la disabilità al centro dell’agenda. Una delle tante iniziative buone per rilanciare l’immagine di un capitalismo bancario dal volto umano, di un’attenzione continua alle reali esigenze dei lavoratori e della clientela.

Ma alle buone intenzioni, come spesso accade quando si parla di Unicredit, non seguono le giuste azioni. Si dice che il “lupo perde il pelo ma non il vizio”. Com’è vero; è difficile se non impossibile eliminare le cattive abitudini.

E così l’impegno (a parole) per il Gruppo è stato sottoscritto e messo “nero su bianco” niente meno che dal Ceo Jean Pierre #Mustier: «La diversità e l’inclusione sono fondamentali per le aziende poiché garantiscono un ambiente di lavoro migliore e favoriscono la mitigazione e la gestione dei rischi»

(…) Da oltre dieci anni UniCredit investe nella gestione della disabilità attivando diverse iniziative tra cui una formazione specifica per i dirigenti, programmi che mirano a valorizzare la diversità all’interno del Gruppo, partnership con importanti organizzazioni esterne e policy aziendali in linea con la Dichiarazione Congiunta sulle “Pari opportunità e non discriminazione” firmata nel 2009.
Inoltre, a livello di Gruppo, la banca ha nominato nel 2018 un Diversity and Inclusion Manager, ha istituito un Comitato per la diversità e l’inclusione a cui partecipa anche l’Amministratore Delegato e ha designato un Disability Manager sia in Italia sia in Austria. (…)

Tratto da Unicredit ha aderito a “Valuable 500”

Da ex sindacalista di tutto questo “impegno” di UniCredit che si protrae fin dal 2010 faccio veramente fatica a scovarne le tracce. Più sotto riporto qualche vecchio post, giusto per non dimenticare….

Il caso che ancora oggi mi torna spesso alla mente è quello di un giovane disabile costretto da anni su di una sedia a rotelle. E’ triste ricordare come nei confronti di quelle persone che per particolari situazioni fisiche richiederebbero maggior tutela, si mettono invece in atto situazioni discriminanti. Le nuove location ed i modelli organizzativi che vedono spazi e strumenti di lavoro condivisi non sempre si adattano facilmente alle esigenze di chi è portatore di handicap. Alla faccia della carta d’integrità, di un minimo di umanità e più semplicemente del buon senso.

C’è poi una forma di disabilità che le statistiche indicano come in continua crescita e che in Unicredit vengono un po’ trascurate: la disabilità intellettiva. Nevrosi, disturbi d’ansia, disturbi depressivi moderati o lievi e forme di disagio psicologico che riguardano circa il 15% della popolazione sono molto comuni anche tra i bancari (categoria di lavoratori a più alto consumo di antidepressivi e ansiolitici), sintomo questo di una scarsa attenzione per modelli organizzativi e carichi di lavoro. O più semplicemente di un middle management che difronte alla fragilità emotiva o psicologica di qualche collega preferiscono mettere in atto comportamenti che poco hanno a che fare con la “cultura inclusiva”.

E sto parlando di un caso attualissimo, all’attenzione dell’HR proprio in queste settimane, quindi…. c’è ancora molto su cui lavorare caro Jean Pierre…

Ugis: ci tolgono la dignità di lavoratori. Ora vogliono toglierci anche quella di Uomini?


In Ugis abbiamo tutti gli stessi diritti. O no?


Unicredit dovrebbe prendere esempio dal Presidente Napolitano

By Pigi

One thought on “#Unicredit: Vulpes pilum mutat, non mores!”
  1. La solita etica buona per gli slogan e la pubblicità.
    Ma nella realtà fanno proprio il contrario, la persona diversamente abile, è messa quotidianamente in difficoltà in modo sottile e subdolo. Magari con continui trasferimenti, a volte con scelta di location con piccole barriere architettoniche che rendono difficoltoso il solo andare in bagno, con visite fiscali pilotate, costringendo la persona portatrice di disabilità, a far spesso presente il proprio handicap per far valere i più elementari diritti e potrei andare avanti all’infinito.
    Questa è la triste realtà.

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