Roma, 3 mag – Adriano Adami nacque nel 1922 a Perugia da una famiglia che aveva partecipato alla Spedizione dei Mille e ad altre imprese al fianco di Giuseppe Garibaldi. Fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, Adami frequentò l’università quando decise di arruolarsi volontario con il Regio Esercito.

Agli inizi del 1941 Adriano Adami venne mandato nei Balcani, nell’offensiva italiana contro la Jugoslavia e la Grecia; lui, in particolare, venne inviato sulla costa dalmata. Qui, però, si ammalò di malaria e venne ricoverato d’urgenza a Perugia. Con l’invasione della Sicilia iniziato il 9 luglio 1943, sapendo che i suoi compagni erano al fronte, non esitò a partire nonostante fosse ancora dolorante come riportano i cartellini medici dell’epoca.

Con l’armistizio dell’8 settembre, Adami tornò nella sua terra natia per poter aderire, il prima possibile, all’RSI frequentando anche un corso di addestramento a Munsigen. Dopo tale esperienza, Adami venne assegnato alla 4° Divisione alpina “Monterosa”. Adami combatté in Garfagna contro gli Alleati cercando di arrestarne l’avanzata con la sua Divisione. Dopo tale missione, Adami venne decorato con la medaglia d’argento al valor militare e con la Croce di Ferro tedesca di II classe.
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Il soldato perugino venne mandato, nell’ottobre 1943, in Liguria per difendere la regione dai continui attacchi partigiani, in particolare si distinse per aver sventato un’azione di controbanda sulle rive della Trebbia il 23 ottobre. A Torriglia, Adami cadde prigioniero ma riuscì a scappare il 4 novembre 1944 assieme ad altri 120 compagni. I partigiani proposero ai soldati della Repubblica Sociale di cambiare schieramento per avere salva la vita; al rifiuto di questi si erano ormai scavati la fossa se non fossero riusciti a scappare.

In Piemonte, Adriano Adami e la Monterosa dovettero continuare con le azioni di liberazione dei compagni caduti in mano ai partigiani. L’allora partigiano, Giorgio Bocca, afferma “per fortuna della Resistenza la tecnica di Pavan ha scarsi imitatori”, Pavan era il nome di battaglia di Adami. Il sottotenente, con una cinquantina di uomini al suo seguito, andava nei centri del cuneese a caccia di tutti coloro che compivano azioni eversive contro la cittadinanza. Il più delle volte si cercava di catturare i capi dei gruppi partigiani agendo di notte e, in concomitanza, la Monterosa liberava eventuali soldati caduti prigionieri dei partigiani. I soldati antifascisti dovettero, ad un certo punto, iniziare una serie di azioni preventive, iniziando a spostarsi di continuo per non cadere nelle mani dei fascisti. Alla fine, spossati dai repentini attacchi di Adami, i partigiani abbandonarono la valle piemontese.

Il 26 aprile 1945 il battaglione Bassano, di cui faceva parte il cacciatore perugino, privo di rifornimenti e stremato si arrese ai partigiani giellisti e garibaldini. Adami, dopo aver tentato di scappare per raggiungere gli altri battaglioni dell’RSI lì vicini, venne immediatamente riconosciuto, al suo ennesimo rifiuto di aderire alla lotta antifascista, venne torturato e picchiato. Adami venne, inoltre, condotto per strada, con il collo legato ad un carro e condotto in giro per il paese di Paesana. Adriano Adami era famoso per le sue attività anti – partigiane e, per questo, il CLNAI lo odiava particolarmente. A lui vennero imputati gli incendi di Paesana e di Venasca (quando ancora il soldato nemmeno era giunto sul luogo) e lo stupro di alcune donne (in realtà, la confessione venne estorta a Marcella Catrani, amante di Adami, dopo lunghi periodi di sevizie e di violenze da parte dei partigiani che l’avevano catturata).
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Il 2 maggio, in corrispondenza con la caduta di Berlino, Adami venne fucilato alla schiena. La folla si riversò sul corpo del soldato e lo martoriò sfigurandolo mentre Marcella Catrani venne tenuta sotto custodia e violentata dagli aguzzini dell’amante.

Tommaso Lunardi