Shimoi è così innamorato dell’Italia da farne la propria patria. E nel 1917, durante la Grande guerra – katana fra i denti e endecasillabi in testa – segue il conflitto da corrispondente del giornale Asahi Shinbun arruolandosi volontario nelle truppe scelte, gli Arditi. Combatte sul fronte dell’Isonzo, insegna il karate ai propri commilitoni (cosa già di per sé incredibile) e dimostra persino di essere un eroe. Salva la vita a un soldato italiano, e quando il fante – incredulo davanti a un Ardito basso, massiccio e dagli occhi a mandorla – gli chiede: «Ma tu chi sei?», risponde: «Un giapponese che ama la sua Patria, come te».

Harukichi Shimoi, il poeta samurai che si fece Ardito

Torna, arricchito di lettere e testi rari, il diario di guerra del giapponese

Harukichi Shimoi ebbe una vita così straordinaria e compì tante e tali imprese, militari e culturali, ma del tutto controcorrente rispetto al proprio tempo, che non c’è da stupirsi sia rimasto dimenticato nelle pieghe della grande Storia, con la «S» maiuscola.

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