Di Silvia Cirocchi, il 13 ottobre 2016
Ci sono alcune regole non scritte in Italia, una di queste è la santificazione post mortem. Non importa chi tu sia stato in vita, un cantante, un ladro, un assassino, un attore, un criminale, un missionario..quando muori diventi santo. Ed ovviamente non poteva esimersi dal circo mediatico nemmeno Dario Fo che oggi ci ha lasciati.
Tutta l’armata brancaleone della sinistra fa a gara per incensare il giullare di corte dimenticando forse che da giovane lui ai partigiani dava la caccia. E’ sì, perché Fo rientra tra i più famosi voltagabbana della storia del nostro Paese. Durante la seconda guerra mondiale si arruolò volontario nella Repubblica Sociale Italiana, tra i paracadutisti del Battaglione Azzurro di Tradate (Va). Dario Fo negò sempre la sua partecipazione querelando per diffamazione chiunque dichiarasse il contrario, come Angelo Fornara del settimanale “Il Nord”. Ma accadde qualcosa che forse non aveva previsto. Le prove della sua militanza fascista vennero fuori durante il processo, grazie soprattutto al giornalista Luciano Garibaldi che pubblicò sul settimanale “Gente” fotografie di Fo in divisa ed un disegno dello stesso Premio Nobel dove appaiono suoi camerati con le anime dei partigiani uccisi che escono dalle canne dei fucili. Tutti i testimoni smentirono Fo, dall’ex Sergente Maggiore istruttore paracadutista Carlo Maria Milani all’ex Capitano paracadutista istruttore De Santis, passando per l’ex capo partigiano Giacinto Lazzarini. Il Tribunale di Varese, il 7 marzo 1980, sentenzia che “è perfettamente legittimo definire Dario Fo repubblichino e rastrellatore di Partigiani”. Sentenza definitiva perché Fo non la impugnò mai…. (continua)

By Tappo68