Ieri ho ricevuto una mail da parte della direzione della casa di riposo dove mia madre è ricoverata da qualche anno con le indicazioni per la nuova modalità di acceso alla struttura. Nulla da eccepire sul servizio e la cura che medici, infermieri e personale in genere dedicano alla cura degli ospiti; ma quella comunicazione mi ha fatto alquanto riflettere su come sia semplice in questo mondo “orwelliano” riuscire ad essere sempre meno inclusivi.

Ecco un estratto della comunicazione:

Prima domanda: ma se non accedo ai locali della RSA e sono all’esterno della stessa, perchè dovrei essere in possesso di #GreenPass?

Inoltre, come sostengono alcuni virologi, medici, filosofi e (pochi) politici il Green pass serve per indurre le persone a vaccinarsi, non è una misura di sanità pubblica. E’ quindi sbagliato – oltre che discriminatorio – utilizzarlo con queste finalità. Come sta facendo, per esempio, la RSA Fondazione Besana di #Meda (sempreché a sua volta subisca ciò che è imposto da Regolamenti di #RegioneLombardia o ATS; ho chiesto lumi alla struttura ne saprò di più quando risponderà).

“Se il Green pass è proposto come uno strumento per far vaccinare le persone va bene, ma non è uno strumento per creare ambienti sicuri – ribadisce Crisanti – Pure il fatto che sia stato esteso a 12 mesi lo dimostra, se è vero ciò che i dati di Israele ci dicono, e cioè che dopo 7 mesi non si è così protetti dall’infezione e dalla trasmissione. Quindi di che parliamo?”.

Addirittura dati recenti indicano che il vaccino già dopo tre mesi vede ridursi fino a quasi due terzi la sua capacità protettiva, quindi escludere dall’accesso alla struttura RSA chi si dimostra in pratica più controllato perchè ha effettuato un tampone sembra quantomeno bizzarro. Anzi, mi sarei aspettato proprio il contrario: crescono i contagi? Si accede solo con tampone. Un po’ come chiedono i burocrati del Consiglio d’Europa che quando la pellaccia in gioco è la loro se ne fregano dei vaccini e pretendono il tampone:

ll Consiglio Ue prevede misure sanitarie stringenti per l’accesso: “Tutti i rappresentanti dei media accreditati”, ossia giornalisti e troupe televisive, “devono soddisfare una delle seguenti condizioni: un test PCR negativo, effettuato il più vicino possibile alle date degli incontri e non più di 48 ore prima dell’inizio” del summit, o, in alternativa “aver ottenuto un certificato da un medico che attesti che la persona è guarita da Covid-19 entro un lasso di tempo massimo di sei mesi”. In sostanza, non verranno presi in considerazioni i certificati digitali Covid, come il green pass italiano. E anche chi è vaccinato dovrà sottoporsi a un test per accedere al Consiglio

Da https://europa.today.it/attualita/vertice-ue-no-green-pass.html

Nella mia azienda, per esempio, nelle ultime due settimane si sono riscontrati una decina di casi di positività al Covid e – guarda un po’ – erano tutti supergrinpassati. Bene avevano fatto i sindacati dei bancari a chiedere ad ABI tamponi ogni 15 giorni per chi è in possesso di greenpass in quanto unica vera forma di verifica sullo stato di salute dei lavoratori (il tutto per tutelare i lavoratori stessi oltre che la clientela). Proprio ieri un conoscente mi ha raccontato di come il fratello con doppia vaccinazione si è accorto quasi per caso di essere positivo. Lui col greenpass rinforzato sarebbe potuto entrare tranquillamente in quella RSA; dubito sia un caso isolato.

Certo il “rischio zero” non esiste, ma la misura in oggetto si presta ad essere vista più come un volere tacitare la propria coscienza, un atto più formale che sostanziale. A farne le spese saranno gli ospiti ed i loro familiari. Ormai siamo anestetizzati sia sotto l’aspetto critico-politico che sotto quello affettivo-relazionale. Privi di diritti e di pensiero, ma non di doveri.

Aureliano Stingi ieri su Radio1 ha dichiarato che “finché nel mondo non saranno vaccinati tutti nessuno sarà protetto”. Pandemia forever è il sogno di ogni dottore di ricerca…

Nella nuova edizione Fanucci del romanzo “1984” si legge la nitida introduzione di Carlo Pagetti:

“Orwell e Arendt esprimono la stessa attenzione per le manipolazioni del linguaggio, le omissioni e le menzogne a cui ricorre lo Stato totalitario per coprire le sue azioni prevaricatrici. In 1984 questo è il motivo probabilmente più ‘attuale’ della costruzione orwelliana, ancora di più del sistema di teleschermi trasmittenti-riceventi che rende ubiqua l’immagine del Grande Fratello e perfeziona una rete di spionaggio e di controllo capillare e pervasiva. Il bipensiero orwelliano è, infatti, un procedimento psicologico che smantella l’idea di una identità fissa e, nello stesso tempo, semplificando termini e strutture verbali, sradica la possibilità di elaborare una riflessione intellettuale complessa e problematica”.

Triste ammetterlo ma ci stiamo assuefando a vivere in una realtà distopica. Il futuro sarà sempre più grigio.

By Pigi