Quando i comunisti italiani insultavano gli esuli istriani

Di Eugenio Cipolla, il 16 luglio 2014

3cb3fa3e868d4d408bab2a0433b8d14c-1Il treno procedeva lento. Partimmo da Fiume, destinazione: la Toscana. Dovevamo attraversare l’Italia che noi immaginavamo generosa e ospitale. Sulle carrozze da carro bestiame che ci portavano laggiù, c’erano per lo più vecchi, donne e bambini come me, stipati come sardine. Eravamo infreddoliti, affamati, i più piccoli piangevano perché man-cava il latte. «Va bene» pensai «prima o poi ci fermeremo». La prima sosta, per scendere a sgranchirci le gambe e mangiare qualcosa, fu a Bologna. Finalmente la stazione.

Il treno rallentò piano piano fino a fermarsi. Ad accoglierci trovammo tanta gente, con le bandiere rosse. Le stesse di Tito. Non capivo. Allora mi girai verso la mamma e le chiesi: «Mamma, ma il treno si è sbagliato? Siamo tornati a Fiume?». No. Erano gli operai e i ferrovieri comunisti che improvvisavano uno sciopero per impedire al convoglio di fermarsi nella loro città. «Fascisti, viaaa!» gridavano. «Siete tutti criminali fascisti!» La nostra patria era affamata, diffidente. Diversi erano convinti che chi fuggiva dall’Istria «rossa», dal paradiso del comunismo, fosse un criminale. Alle dame di carità, arrivate in stazione per darci latte e coperte, fu impedito di avvicinarsi. Nemmeno il latte ai bambini. Le porte del treno rimasero chiuse. Non so neanche quante ore passarono, il viaggio mi parve infinito.

…continua…

By aidos