Forma illegale di reclutamento e organizzazione della mano d’opera, spec. agricola, attraverso intermediarî (caporali) che assumono, per conto dell’imprenditore e percependo una tangente, operai giornalieri, al di fuori dei normali canali di collocamento e senza rispettare le tariffe contrattuali sui minimi salariali.

Questa è la definizione che chiunque di noi può legge sul proprio dizionario alla voce “caporalato”. E’ una piaga sociale, prima ancora che economica, che è cresciuta negli ultimi decenni in maniera esponenziale. Un fenomeno in rapida espansione grazie anche alla presenza di flussi migratori crescenti – spesso irregolari – che diventano facili prede di piccoli imprenditori agricoli senza scrupoli. Gente disperata che si presta a lavori massacranti con paghe da fame e senza alcun diritto.

Anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio formulato nella Giornata dell’Agricoltura ad Expo 2015 lo scorso Settembre ha spronato i politici ed il Governo a sradicare definitivamente e con coraggio questa piaga.

Finalmente il Consiglio dei ministri ha deciso di mettere fine a questa vergogna. Durante la riunione dello scorso 13 novembre 2015 ha infatti approvato, su proposta dei Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina, della giustizia Andrea Orlando e del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, un disegno di legge volto a contrastare il lavoro nero ed il “caporalato” in agricoltura.
La norma di Legge ha voluto rafforzare – come si legge sul sito del Governo – l’azione di prevenzione e tutela dei lavoratori agricoli sia dal lato amministrativo che da quello penale. Dal punto di vista penale non è più facoltativo ma bensì obbligatorio l’arresto in caso di flagranza del reato, come obbligatoria è anche la confisca del prodotto, degli strumenti utilizzati per la realizzazione del reato nonché i profitti rivenienti dallo stesso.

E’ questo un aspetto di non poco conto perché elimina la discrezionalità del giudice sulla delicata questione della confisca e destinazione dei prodotti e del profitto sequestrato; viene quindi superato quanto oggi previsto dal Codice Penale all’articolo 240.

Viene inoltre aggiunto il delitto di intermediazione illecita e di sfruttamento del lavoro nell’elenco dei reati per i quali è possibile la confisca estesa o allargata (Articolo 603 bis del Codice Penale). Quindi se all’atto dell’arresto non è possibile procedere al sequestro finalizzato alla futura confisca, o non si è nelle condizioni di rintracciare lo specifico profitto o prodotto del reato, la normativa consente di agire sui beni di proprietà di colui che ha commesso il reato.

In aggiunta, il reato viene anche inserito tra quelli che implicano responsabilità amministrativa in solido da parte delle Aziende che ne beneficiano e che spesso sono costituite in forma societaria o associativa. Non solo gli autori materiali del reato verranno perseguiti, ma anche le Aziende nel cui interesse (o vantaggio) il reato verrà commesso.

Infine il reato di “caporalato” viene inserito nell’elenco di quelli per cui è riconosciuto il diritto della vittima all’indennizzo a carico dello Stato attingendo al fondo anti-tratta istituito con legge nel 2003 e incrementato nel 2014.

Un primo passo concreto verso l’annullamento di una vera e propria piaga sociale.

By jvb