Via

Pubblichiamo l'intervento di Giorgio Tacchi (Segreteria Regionale Piemonte CUB-SALLCA) all'assemblea dei lavoratori Unicredit del 14 gennaio scorso.

 

A Natale tutti sono tutti più buoni, si usa dire.

Ma i lavoratori e i bancari italiani non sono meritevoli nemmeno di questo modesto luogo comune.

Non lo sono i lavoratori, che vedono le loro certezze compromesse dal Jobs Act; e non lo sono i bancari per cui con ammirevole stile è stato disdettato un contratto già disdettato, ulteriore regalo da trovare sotto l'albero.

Il costo del lavoro DEVE scendere. E' imperativo per la salvezza del paese, è necessario per trovare qualcuno che sia disposto a prendersi la briga di assumere. E i bancari poi… troppo pagati, troppo rigidi, troppo vecchi. In generale, troppi.

Senza soffermarci più di tanto sulla DOMANDA di lavoro effettiva e su come potrebbe essere rilanciata in modo efficace senza necessariamente abbattere il prezzo del lavoro stesso, ovvero gli stipendi; senza riflettere su quanto sia decoroso voler impoverire ulteriormente chi di fatto tiene già in piedi le casse dello stato come lavoratore o pensionato, come risparmiatore, come proprietario di immobili; senza chiederci che speranza ci sia di far crescere i consumi, unico motore della crescita, quando in pochi avremo denaro da spendere e sempre più persone saranno ridotte alla semplice sopravvivenza, interroghiamoci sulla nostra categoria, sul nostro ruolo sociale e sulla nostra dignità professionale.

In un paese che esiste e resiste grazie al risparmio delle famiglie e alla piccola e media impresa, noi, i diretti interlocutori di questi soggetti nelle questioni economiche, abbiamo certamente un ruolo tutt'altro che marginale. Siamo stati e siamo in prima linea ogni giorno, nel cercare di assistere persone sempre più sfiduciate in un contesto sempre più difficile: se due crisi preoccupanti come quelle del 2008 e del 2011 sono state superate e ora lo spread è inaspettatamente ai minimi storici, nonostante conti pubblici traballanti tenuti malamente in piedi da una pressione fiscale inaudita, se i bilanci di diversi istituti cominciano a mostrare utili, forse il nostro contributo nei confronti dell'azienda e del paese non è stato di poco conto.

Ma la gratitudine non è di questo mondo. E i banchieri, con in testa qualcuno che sul tagliare costi in McKinsey ha imparato molto, ci presentano il conto di una crisi che, a dire loro, è piovuta dal cielo come una meteora imprevedibile; non ha nulla a che fare con la concessione di credito a soggetti meno che meritevoli, con operazioni di finanza quanto meno azzardate e con la pura e semplice incapacità organizzativa. La colpa è nostra, siamo stai noi a voler ristrutturare le reti commerciali una volta all'anno con grandi investimenti in tecnologia (e ancora più grandi in consulenze), siamo stati noi a voler comprare all'estero qualsiasi cosa avesse degli sportelli, siamo stati noi ad aver finanziato guardando amicizie e appartenenze prima che i bilanci.

Ci ringraziano alla fine di ogni anno, quasi increduli dei risultati conseguiti; fanno gli auguri a noi e alle nostre famiglie. Ma con gli auguri non si pagano le rate dei mutui nè le bollette, e quando si tratta di farci i conti in tasca sono spietati. Pezzi interi della nostra busta paga sono scomparsi, di premi non se ne parla, o meglio, se ne parla soltanto; ora si vuole partire all'assalto degli scatti di anzianità, andando verso la deregolamentazione totale di orari e ruoli. L'atmosfera nelle agenzie è già irrespirabile, i carichi di lavoro crescono in modo esponenziale. Cosa dobbiamo perdere ancora?

Come lavoratori di questo paese dobbiamo mobilitarci per proteggere la nostra salute e la nostra dignità, non certo per difendere quelli che qualcuno definisce anacronistici privilegi. I privilegi anacronistici esistono, ma non sono certo nostri. Chi si siederà al tavolo delle trattative dovrà rendere conto meglio di quanto non sia stato fatto in precedenza perchè il momento è cruciale: questa è forse l'ultima possibilità di continuare ad essere dei professionisti e di non diventare una manovalanza rimpiazzabile e squalificata o dei nevrotici piazzisti. Qualunque decisione avrà un impatto definitivo sul nostro futuro e pertanto dovrà essere sottoposta preventivamente all'approvazione della categoria.

By jvb