agli sportelli delle banche italiane ne vedremo delle belle. Con imprenditori alla canna del gas alla disperata ricerca dei 25 mila promessi da Conte e chi lavora allo sportello costretto suo malgrado a spiegargli perché quella cifra non la vedrà mai.
Non per tutti sarà così, ma gli episodi di tensione non mancheranno. Ecco, in questi casi più che delle forze dell’ ordine ci sarebbe bisogno della presenza di un esponente del governo che spiegasse perché gli è stato promesso quello che non si poteva mantenere.

Il governo ha lasciato intendere che grazie al decreto la potenza di fuoco del sistema bancario fosse quasi infinita. Nella sostanza che tutte le Pmi che avessero chiesto un prestito per l’ emergenza da Coronavirus l’ avrebbero ottenuto. Purtroppo, in questo, Conte e compagni hanno peccato in errori di comunicazione quando “hanno sparato” cifre roboanti, «Daremo 400 miliardi alle Pmi», e quando hanno lasciato intendere che gli istituti di credito sarebbero stati quasi obbligati a finanziare le imprese, ma non è questa la verità.

I 25 mila euro vengono considerati una sorta di fido minimo, ma leggendo l’ articolo 13 del decreto ci si rende conto che non è così. I 25 mila euro, infatti, sono garantiti solo alle Pmi che nell’ anno precedente abbiano messo a bilancio almeno 100 mila euro di ricavi. Per gli altri la cifra sarà inferiore. Motivo? Il testo di legge prevede la soglia massima del 25% dei ricavi dell’ anno prima.
Quindi se parliamo di cifre inferiori a 100 mila euro, il prestito per forza di cose sarà più basso. Basterà un’ autocertificazione, certo, ma è altrettanto vero che parliamo di ricavi e non di fatturato. E i primi sono più bassi, perché fanno riferimento solo alle entrate derivanti da attività propria, non al giro d’ affari complessivo.

 

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By aidos