Estratto da "Audizione al Senato della Repubblica con riferimento alle norme relative al capitale della Banca d’Italia" del 12-12-2013 – Ignazio Visco – Senato della Repubblica.

3. Il nuovo assetto della partecipazione al capitale

Un elemento centrale del decreto legge n. 133 del 30 novembre scorso è costituito dalle norme volte a determinare una equilibrata e diffusa proprietà delle quote rappresentative del capitale, per superare la già menzionata concentrazione formatasi negli ultimi anni.

Viene anzitutto abrogata espressamente la norma della legge 262 del 2005 che aveva previsto il trasferimento allo Stato della proprietà del capitale della Banca. Questa norma non ha mai trovato attuazione, riflettendo le incertezze per il contenuto e l’estensione dei diritti economici dei partecipanti al capitale, oggetto del possibile trasferimento a soggetti pubblici, e per gli effetti che un profondo mutamento dell’assetto proprietario e di governance della Banca avrebbe potuto avere sull’indipendenza e sull’autonomia dell’Istituto.

L’intervento legislativo opera su tre piani.

In primo luogo, viene rivista e allargata la platea di soggetti che possono acquistare le quote. Sono confermate le categorie già ammesse dalla legislazione vigente, come le fondazioni di origine bancaria e gli enti e istituti di previdenza e assicurazione che detengono già le quote; si precisa il diritto all’acquisto da parte di tutte le banche italiane. È prevista la partecipazione di altre categorie di investitori istituzionali, sottoposti a regimi di vigilanza, che possono esser attratti, nella loro strategia di investimento di lungo periodo, dall’acquisto di quote: le assicurazioni e i fondi pensione.

Il decreto consente l’acquisto di quote della Banca d’Italia anche ai soggetti europei appartenenti alle categorie citate, che nei rispettivi ordinamenti siano sottoposti a regimi di vigilanza equivalenti a quello italiano, sulla base delle norme europee. La decisione politica di aprire il capitale della Banca a soggetti di altri Paesi dell’Unione non contrasta con la collocazione dell’Istituto nella governance economica europea. Restano ferme la non ingerenza dei partecipanti negli affari istituzionali stabilita dalla legge nazionale in conformità con i Trattati Europei, nonché la delimitazione dei loro diritti patrimoniali che il decreto legge precisa e circoscrive.

Un secondo importante elemento è rappresentato dal regime di circolazione delle quote, che va valutato congiuntamente con l’introduzione di un limite massimo (stabilito dal decreto nel 5 per cento) alla quota del capitale della Banca detenibile da ciascun soggetto o gruppo (in forma sia diretta sia indiretta). Il decreto legge prevede l’abrogazione della clausola di gradimento ora contenuta nello Statuto della Banca d’Italia che, nell’attuale formulazione, si basa su valutazioni ampiamente discrezionali; resta fermo il controllo sull’appartenenza degli acquirenti alle categorie ammesse alla partecipazione.

A questo riguardo, in attuazione della previsione legislativa, la bozza del nuovo Statuto della Banca (per il quale è iniziato l’iter di approvazione) prevede un vaglio del Consiglio superiore sui requisiti di onorabilità che i vari ordinamenti di appartenenza prevedono per esponenti e compagine sociale dei potenziali acquirenti, siano questi italiani o europei.

Il decreto ribadisce che i membri del Consiglio superiore dovranno essere dotati di indipendenza dal potere politico, dalla Pubblica Amministrazione e dai soggetti vigilati, prevedendo che lo Statuto chiarisca ulteriori requisiti di onorabilità e professionalità e l’assenza di posizioni di conflitto. Viene prefigurato quindi un comitato nomine a cui verrà affidato il compito di selezionare la lista di candidati in possesso dei prescritti requisiti da sottoporre per l’elezione alle assemblee presso le sedi della Banca.

Il decreto prevede infine che la Banca d’Italia possa favorire l’equilibrata distribuzione delle quote, con riferimento anche all’attuale situazione di elevata concentrazione della proprietà. A tale scopo è consentito il riacquisto temporaneo di quote, finalizzato al loro collocamento presso altri investitori in condizioni di piena trasparenza e di parità di trattamento. Il nuovo Statuto terrà conto di queste indicazioni.

Nella storia del nostro paese l’attuale forma di governo della Banca d’Italia ha assicurato l’autonomia, l’indipendenza e l’autorevolezza dell’Istituto, sia all’interno sia sul piano internazionale. Tale assetto viene preservato e salvaguardato dalla riforma; ne risulta rafforzato a seguito del superamento delle incertezze del precedente quadro normativo. I poteri dell’Assemblea dei partecipanti rimangono opportunamente circoscritti alla nomina dei membri del Consiglio superiore, del Collegio sindacale e all’approvazione del bilancio. Al Consiglio superiore restano assegnati l’amministrazione generale, il vaglio sulla gestione e sui controlli interni della Banca. All’uno e all’altro organo è espressamente preclusa ogni ingerenza nelle materie relative all’esercizio delle funzioni pubbliche attribuite alla Banca per il perseguimento delle finalità istituzionali.

Rimane anche invariato il sistema di controllo, articolato su tre distinti livelli, espressi dal Consiglio superiore, del quale ho appena ricordato i compiti, dal Collegio sindacale e dal revisore esterno, secondo i principi stabiliti dallo Statuto del SEBC/BCE.

La riforma prevede un aumento gratuito del capitale della Banca, tramite trasferimento a capitale di parte delle riserve statutarie, e una modifica delle norme sulla distribuzione degli utili. Viene stabilito un tetto massimo ai dividendi rapportato esclusivamente all’entità del capitale, abrogando la norma sulla distribuzione di somme ulteriori commisurate alle riserve. In questo modo, si eliminano gli elementi di

ambiguità che ho prima ricordato e si rende la disciplina della distribuzione degli utili simile a quella di altre banche centrali al cui capitale partecipano soggetti privati.

Il decreto fissa un tetto massimo ai dividendi, pari al 6 per cento del capitale. Poiché questo viene portato a 7,5 miliardi, l’ammontare massimo dei dividendi distribuibili ai partecipanti è di 450 milioni di euro. Rispetto alla situazione attuale, si passa da un dividendo ridotto, ma crescente indefinitamente negli anni futuri, a uno oggi più elevato ma soggetto a un tetto fisso nel tempo, mantenendo l’equivalenza tra il valore attuale dei due flussi di pagamenti.

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6.Le funzioni della Banca d’Italia nel contesto nazionale ed europeo

Il provvedimento riafferma la natura di istituto di diritto pubblico della Banca d’Italia e ne precisa la qualifica di banca centrale nazionale (BCN), parte integrante del Sistema Europeo di Banche Centrali e autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico costituito con il Regolamento emanato dal Consiglio dell’Unione Europea nello scorso mese di ottobre.

Questa previsione non è meramente dichiarativa di una situazione di fatto; merita un approfondimento, anche alla luce della chiara enunciazione dell’indipendenza della Banca nell’esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze operata dal decreto.

Tendono, infatti, a diffondersi opinioni secondo cui l’integrazione nel contesto europeo e la creazione della Banca Centrale Europea avrebbero comportato una drastica riduzione delle funzioni della banca centrale nazionale nel campo della politica monetaria, relegandola a compiti di carattere prettamente esecutivo. Sempre secondo questa linea di pensiero, al venir meno della responsabilità primaria di vigilanza sulle banche più rilevanti, attribuita alla BCE, conseguirebbe una notevole diminuzione anche dell’attività svolta dalla Banca nel settore della supervisione e del controllo sulla finanza.

Un ramo di attività istituzionale della Banca d’Italia, anch’esso correlato strettamente con le funzioni dell’Eurosistema, riguarda la gestione e la sorveglianza sul sistema dei pagamenti, quell’insieme di piattaforme e infrastrutture tecnologiche attraverso le quali sono regolate le transazioni finanziarie nazionali ed europee.

Si tratta di orientamenti infondati, basati su un’interpretazione semplicistica e riduttiva del quadro istituzionale europeo, che non tengono conto dell’esperienza maturata in questi anni e dell’effettivo carico – attuale e prospettico – di responsabilità e di funzioni che fa capo, nell’assetto della politica monetaria e della vigilanza europea, alla Banca d’Italia.

Nel campo della politica monetaria, le decisioni della BCE vengono prese dal Consiglio Direttivo, formato dai Governatori di tutte le banche centrali nazionali. In queste ultime, le riunioni del Consiglio Direttivo (di norma due al mese) sono precedute da un indispensabile lavoro di analisi economico-finanziaria e di rilevazione statistica sull’andamento delle economie e dei circuiti finanziari dell’area euro; ad esso si aggiunge quello operativo, interamente delegato alle banche centrali nazionali, che richiede di effettuare calibrati interventi sui mercati. Questo lavoro di attuazione degli indirizzi di politica monetaria definisce il nucleo essenziale del central banking: si esprime nelle operazioni di rifinanziamento, nella valutazione delle garanzie prestate dalle banche per ottenere liquidità, non può essere svolto senza una conoscenza approfondita dei mercati e degli intermediari.

Nell’ambito della funzione monetaria rientrano inoltre la produzione fisica e la distribuzione delle banconote: il nostro stabilimento provvede a stampare circa il 18 per cento della moneta cartacea in circolazione (percentuale corrispondente alla quota di partecipazione della Banca nel capitale della BCE). La Banca d’Italia coniuga questa attività con una intensa vigilanza sulla circolazione della moneta cartacea, volta a contrastare la contraffazione e a sorvegliare le società specializzate nella distribuzione del contante.

Qui l'intera relazione:

By jvb