Dallo scoppio della crisi è in corso un netto ridimensionamento degli sportelli che sta riavvicinando l’Italia alla media europea in termini di presenza sul territorio attraverso le filiali. Dal 2008 al 2012 sono state chiuse oltre 1.500 filiali bancarie. Un analogo processo di riduzione sta riguardando anche gli Atm, a evidenziare come il processo in atto non è ricollegabile a una semplice riconversione degli sportelli verso una loro maggiore automazione. La tecnologia sembra invece avere un impatto non trascurabile sui canali di vendita remoti, quelli cioè legati all’internet e al phone banking.

L’occupazione si sta ugualmente riducendo. I piani di esubero adottati da tutti i principali gruppi bancari prefigurano una riduzione complessiva del numero di dipendenti pari a circa 40 mila unità. Alla fine del 2015 l’industria bancaria dovrebbe contare non oltre 300 mila dipendenti.

Ciò nonostante dai confronti internazionali emerge peraltro una situazione di sottodimensionamento del settore bancario italiano in termini di forza lavoro, nonché un andamento in controtendenza del numero medio di dipendenti per singolo sportello. La dimensione media delle filiali italiane mostra una continua diminuzione, attestandosi a meno di 10 dipendenti per sportello contro i 12 della media dell’area euro e i 18 della Germania; 15 anni fa la dimensione degli sportelli italiani era più ampia e superiore alla media europea.[banner network=”adsense” size=”336X280″ type=”default” align=”alignright”]

Le analisi del Rapporto mostrano come la dimensione degli sportelli non sia ininfluente sulle dinamiche del credito erogato. Utilizzando dati a livello regionale abbiamo riscontrato la presenza di una correlazione positiva tra il numero medio di dipendenti per filiale e la crescita del credito. La maggiore incidenza dei crediti deteriorati sta infatti spingendo le banche verso una maggiore selettività, quindi poter specializzare le risorse nello screening dei prenditori di fondi permette di contenere il problema delle sofferenze, e quindi di poter erogare più credito. Ciò risulta essere verificato soprattutto per le piccole e medie imprese, quelle su cui l’attività di selezione è più complessa.

L’analisi empirica mostra come né la redditività né l’efficienza sembrino essere i fattori che guidano il processo di riduzione degli sportelli e dell’occupazione. Sul processo influiscono piuttosto le scelte strategiche in termini di specializzazione nel comparto creditizio: una maggiore incidenza delle attività tradizionali si accompagna a una riduzione del numero di filiali e della dimensione media.

L’effetto si attenua nei casi di scarsa qualità del credito.

In definitiva, da queste prime evidenze empiriche, sembra emergere che i processi di riorganizzazione bancari attuati finora siano stati guidati da due forze contrastanti: da un lato, le banche che hanno fondato la loro attività sul credito sono spinte verso il ridimensionamento; dall’altro, questo processo è frenato dall’emersione di sofferenze.

Queste indicazioni evidenziano ancora la presenza di elementi di fragilità.

Questi non sono stati risolti dalla recente evoluzione del settore bancario italiano, che si è rivelato molto vulnerabile alla recessione dell’economia.

(Centroeuroparicerche.it)

 

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