Il datore di lavoro, allorquando invia al lavoratore una contestazione disciplinate, è tenuto a consentire al lavoratore stesso di presentare le sue controdeduzioni orali, anche quando il termine di cinque giorni dalla ricezione della contestazione disciplinare è scaduto; sempre che la richiesta di convocazione per la difesa avvenga prima della adozione del provvedimento.

Va considerato che il termine di cinque giorni assegnato al lavoratore per l’esercizio del diritto di difesa a fronte della contestazione disciplinare ricevuta non è configurabile alla stregua di un termine decadenziale, per cui, una volta decorso il predetto termine, di tale diritto resterebbe preclusa la facoltà di esercizio. Esso pone il dies a quo per la manifestazione della volontà di licenziare ma, se tale volontà non sia stata ancora manifestata, non preclude al lavoratore di difendersi. Sicché, l’indicazione legale del predetto termine, mentre vale a consentire al datore, una volta che lo stesso sia decorso, di valutare la circostanza del mancato invio delle giustificazioni o della richiesta di audizione da parte del lavoratore come indicativa della rinuncia all’esercizio del diritto di difesa e dare avvio, così, a quello “spatium deliberandi” che, in base alla legge, deve precedere l’irrogazione della sanzione, nel contempo, ammette che una simile valutazione risulti smentita dal comportamento eventualmente difforme che il lavoratore assuma nell’arco temporale intercorrente tra il decorso del termine e l’adozione del provvedimento sanzionatorio, imponendo, in tal caso, al datore di dar corso al richiesto esercizio del diritto di difesa, nel rispetto, comunque dovuto, del principio del contraddittorio.

Licenziato senza appello? Illegittimo

Corte di Cassazione 12 novembre 2015 n. 23140

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 novembre 2015, n. 23140

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