Mettiamo da parte le tesi complottiste di chi vede nel Wef una misteriosa riunione di malefici burattinai, una sorta di edizione ripulita del tanto romanzato Bilderberg. Quello che conta davvero, a Davos, sono le relazioni fra capitale privato e istituzioni pubbliche: i Ceo e gli alti dirigenti delle multinazionali più ricche volano ogni inverno in Svizzera per capire dove conviene dirottare investimenti e speculazioni, mentre i politici fanno a gara per convincerli a puntare sui loro Paesi. Questo è l'obiettivo fondamentale, il resto è contorno mediatico, fra dibattiti e workshop.

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Stando alle affermazioni di principio, l'ultimo Forum di Davos avrebbe dovuto segnare una svolta per correggere questo sistema. Peccato che in Svizzera non ci fosse nessuno a rappresentare gli interessi di quei 3,5 miliardi di poveri. Erano presenti, invece, i vertici di aziende indagate e/o condannate in varie parti del mondo per reati finanziari e/o fiscali. C'era perfino il presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbaev, il cui governo è accusato di corruzione. In effetti è comprensibile, visto che, tra quota di partecipazione e biglietto, il soggiorna a Davos costa più di 50mila euro a persona, creando un indotto per l'economia locale che in pochi giorni vale tra i 25 e i 45 milioni di franchi svizzeri.

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By jvb