Bancari d’Italia, l’Italia s’è destaaaaa….

Ormai non passa giorno in cui non ricevo una mail di “disapprovazione” verso il nuovo CCNL. Ne trovate un paio qui di seguito. Insomma la contestazione “monta” e gli unici che sembrano non accorgersene sono i nostri Segretari Nazionali firmatari dell’obbrobrio (alias contratto collettivo) di categoria.

Ma come dar loro torto? Mica si possono delegittimare da soli….questo compito spetta a noi. Ma ce lo vedete Sileoni che recita il “mea culpa” dalle pagine del Sole24Ore? Lui tra i più intervistati dei nostri S.N. che dice “ci siamo sbagliati” e “la base ci ha bocciato”?

InformationGuerrilla Bnl

30 Gennaio 2012

Speciale Contratto Nazionale, ovvero la vivisezione di un bidone …

NO AL CONTRATTO BEFFA:

UN PACCO DA RISPEDIRE AL MITTENTE!

Nessun aumento salariale per il 2011 e 5 mesi del 2012

Nessun recupero inflattivo per il triennio precedente

Aumenti medi dichiarati di 50 euro al mese a partire dal mese di giugno 2012,

altri 50 dal giugno 2013, altri 70 dal giugno 2014:

soldi che non contano per TFR, Fondo Pensione, trattamento di quiescenza

TFR calcolato per 3 anni solo su stipendio, scatti anzianità ed ex ristrutturazione tabellare

Blocco degli scatti d’anzianità per 19 mesi

Contratti complementari con tagli salariali del 20% e orari di 40 ore

Salario d’ingresso con abbattimento tabellare del 18%

Un giorno in meno di banca ore o ex-festività per 5 anni per assunzioni solo presunte

Orari di sportello dilatati nella fascia oraria 8-20 o addirittura 7-22.

Forzature sull’obbligo di fare le ferie arretrate e quelle di competenza

Fungibilità dei Quadri Direttivi dal 1^ al 4^ Livello

Accorpamento di VAP e premio incentivante con rischio di perdere anche il primo

Era questa la piattaforma votata dai lavoratori?

Dovevamo aspettare un anno per ottenere queste brillanti conquiste?

Se è sopraggiunta la crisi non era doveroso tornare in assemblea?

C’è qualcos’altro che possiamo fare per finanziare le banche?

Il contratto dei bancari siglato il 19 gennaio scorso è il peggiore da molti anni a questa parte: batte decisamente quello del 2005, che introdusse l’apprendistato, e persino quello del 1999, che pose le basi per un abbassamento del 10% del costo del lavoro nel settore.

La piattaforma del primo tavolo della primavera 2011 ci aveva stupito perché andava in direzione completamente contraria: assumeva i problemi del settore, poneva al centro la necessità di creare nuova e buona occupazione, puntava a difendere l’area contrattuale, chiedeva di fare rientrare le lavorazioni date in appalto, metteva in discussione i sistemi incentivanti e si proponeva di recuperare il potere d’acquisto perduto. Nella sua premessa discolpava, è vero, le banche italiane da ogni responsabilità nello scoppio della crisi, ma sollevava comunque un nodo importante: come fare banca in modo responsabile, equo e sostenibile, abbassando le pressioni commerciali.

Nelle assemblee avevamo fatto notare alcuni punti critici (come la richiesta di fare entrare il sindacato nei consigli d’amministrazione), ma non ci sembrava opportuno bocciare la piattaforma in partenza: poteva essere uno strumento utile per riprendere potere negoziale e, se usata in modo convincente e conflittuale, per strappare alle banche diritti e conquiste. Visti i soggetti, la piattaforma non ci sembrava credibile e, non a caso, un nostro ordine del giorno chiedeva di ritornare in assemblea se la trattativa avesse preso direzioni diverse. Da allora è passata molta acqua sotto i ponti:

– i piani industriali presentati dalle banche si sono dimostrati sideralmente lontani dalla realtà, ma comunque dichiaravano migliaia di esuberi e tagliavano altrettanti posti di lavoro;

– la revisione del fondo esuberi ha ridotto l’assegno di sostegno al reddito per tutti i lavoratori che sarebbero andati in pensione con il sistema retributivo;

– l’accordo interconfederale tra Cgil-Cisl-Uil e Confindustria ha modificato il sistema delle regole contrattuali, aprendo alla possibilità di accordi aziendali peggiorativi del C.C.N.L.;

– l’accordo quadro raggiunto nel settore il 24/10/2011 ha recepito l’accordo interconfederale, stabilendo regole nuove, sia sui rinnovi contrattuali che sui criteri di rappresentanza, affossando definitivamente la possibilità di eleggere le rappresentanze sindacali unitarie;

– i primi incontri sul CCNL, tenutisi a metà dicembre, hanno subito chiarito che l’ABI considerava superata la piattaforma sindacale e che la controproposta sarebbe stata formulata sul terreno completamente diverso dell’emergenza e della straordinarietà.

L’Abi ha avanzato, infatti, una serie di richieste irricevibili, a spese del lavoro e delle tutele esistenti: tenere basso il costo del lavoro, concedere aumenti retributivi modesti, ottenere un salario d’inserimento ultra-ridotto, finanziare con una giornata di banca-ore, o ex-festività, un fondo per assumere/stabilizzare nuovi occupati, allungare gli orari di sportello, normare i contratti complementari con forti sconti, ottenere la fungibilità all’interno dell’area dei Quadri Direttivi.

Tutto questo avrebbe reso assolutamente necessario un ritorno in categoria, con una tornata assembleare capillare, per decidere come procedere, quali priorità selezionare, quali forme di lotta adottare per conquistare gli obiettivi prefissati.

Invece i sindacati trattanti(?) hanno scelto senza indugio la resa totale e definitiva.

I contenuti dell’accordo sono ormai noti:

A) Contratti complementari: per i neo-assunti l’orario settimanale di lavoro sarà di 40 ore, con inquadramento al livello 2A3L e tabelle retributive ridotte del 20%. Basteranno questi sconti concessi alle aziende per difendere l’area contrattuale?

B) Insourcing: nel caso di riassorbimento di lavorazioni esternalizzate, con applicazione di contratti diversi da quello del credito, i lavoratori osserveranno un orario di lavoro di 40 ore settimanali, le tabelle retributive potranno essere allineate nell’arco di 4 anni, ma il trattamento economico massimo sarà sempre ridotto del 20%, come nel caso dei contratti complementari.

C) Fondo per l’occupazione: viene istituito un Fondo per incentivare l’assunzione o la stabilizzazione di giovani sotto i 32 anni, disoccupati, cassintegrati, lavoratori in mobilità, donne residenti in zone svantaggiate. Il Fondo è finanziato, in via sperimentale e per 5 anni, con una giornata di banca delle ore (aree professionali), d’ex-festività (Quadri Direttivi) ed il 4% della retribuzione del Top Management (ma qui c’è solo un invito dell’Abi ai volenterosi!). Il Fondo eroga 2.500 euro l’anno, per tre anni, alle banche che assumono o stabilizzano un lavoratore. In caso d’utilizzo dei contratti di solidarietà “espansivi” il contributo va al lavoratore che accetta una riduzione d’orario in cambio di nuova occupazione.

Vorremmo capire: visto che il Fondo lo pagano i lavoratori, perché non è stato chiesto se erano d’accordo? Le migliaia di “ESUBERI” dichiarati e attivati (con decurtazione dell’assegno) in questi mesi in tutti i gruppi bancari erano uno scherzo? Ora, per le nuove assunzioni, le banche potranno risparmiare il 18%, ricevere 2.500 Euro di bonus, magari aggiungerne un altro se pescano dalle liste di mobilità. Infine la beffa: i top manager sono “invitati” a non aumentarsi lo stipendio ed a contribuire al Fondo e non poteva essere diversamente visto che questo contratto non può imporre loro nulla. Così continueranno a incassare ricchi, scandalosi e immeritati premi e poi magari faranno anche la figura dei benefattori.

D) Salario d’inserimento: i lavoratori neo-assunti, a tempo indeterminato, anche se apprendisti, vengono inquadrati al livello 3A1L, ma hanno uno stipendio ridotto del 18% ad euro 1679,89 lordi al mese, per 4 anni. Le parti invitano le fonti istitutive aziendali a prevedere per i lavoratori neo-assunti un contributo previdenziale del 4% per i primi 4 anni.

Aumenti contrattuali: è previsto un aumento medio di 50 euro dal 1/6/2012 – altri 50 euro dal 1/6/2013 – altri 70 euro dal 1/6/2014 (totale 170), parametrato sulla figura del livello 3A4L con sette scatti di anzianità. Gli aumenti vengono corrisposti come elemento distinto della retribuzione, quindi non vengono computati ai fini degli istituti

A) contrattuali nazionali, del TFR, dei trattamenti di quiescenza, di previdenza e di ogni altro trattamento aziendale. Gli aumenti saranno inseriti in tabella solo dopo il 1/7/2014 e con criteri da definire. Non c’è alcun recupero per il differenziale dell’inflazione per gli anni 2008-2009-2010-2011. Per il 2011, anno con contratto già scaduto, non c’è alcun aumento (e l’inflazione è stata del 3,3%). Nessun aumento neanche per i primi cinque mesi del 2012.

B) Trattamento economico: per il periodo 1/1/2013-31/7/2014 vengono bloccati gli scatti di anzianità. Fino al 31/12/2014 il TFR viene calcolato solo sulle voci tabellari di stipendio, scatti di anzianità, importo ex-ristrutturazione tabellare (con esclusione di tutte le altre voci).

C) Orario di sportello: le banche ottengono un aumento del 50% dell’orario di sportello. Infatti, fermo restando il tempo individuale d’adibizione, il limite precedente parlava di 40 ore settimanali, mentre ora si potrà arrivare a 60 ore con semplice informativa, o addirittura a 75 ore con trattativa sindacale. Ora le aziende potranno fissare l’orario di sportello dalle ore 8 alle 20 con una semplice informativa alle OO.SS. con preavviso di 10 giorni (sono possibili osservazioni). Con il negoziato sindacale possono aprire tra le 7 e le 8 del mattino, oppure tra le ore 20 e le ore 22, con 10 giorni di tempo per negoziare soluzioni condivise. Viene raccomandato alle aziende di privilegiare la volontarietà. E’ possibile addirittura il superamento di questi limiti, se lo sportello è situato in centri commerciali, mercati, stazioni, località turistiche, fiere, manifestazioni, ecc.

D) Fungibilità dei quadri direttivi: viene istituita la Commissione Inquadramenti per procedere a classificazione del personale, declaratorie e profili professionali; intanto diventano immediatamente e pienamente fungibili i Quadri Direttivi dal 1^ al 4^ livello. Servirà alle banche per aggirare i divieti di demansionamento e risparmiare sugli inquadramenti.

E) Premio variabile di risultato: in sede aziendale si può prevedere un unico premio aziendale di risultato che unifichi VAP e sistema incentivante, con la raccomandazione delle OO.SS. affinché venga fissato con criteri condivisi, fermo restando la sua crescente correlazione con effettivi incrementi di redditività, produttività ed altri obiettivi d’impresa. La crisi poteva essere l’occasione per cambiare il modo di lavorare nelle banche. Non crediamo che il sistema incentivante possa essere contrattato, va superato. Così anche il Vap diventerà ancora più incerto e magari distribuito in maniera iniqua.

F) Fruizione delle ferie: le parti s’impegnano all’effettiva fruizione di riduzioni d’orario, banca ore, ferie ed ex-festività, con smaltimento di quelle arretrate. Ricominceranno forti pressioni per fare le ferie, anche quando non servono, per garantire riduzioni di costo. Su questo però invitiamo alla fermezza: nonostante la complicità dei sindacati asserviti, una dichiarazione non cancella le leggi e potete rispondere picche a chi vi “ordinerà” di azzerare le ferie.

E) Relazioni sindacali: possibilità di definire a livello aziendale o di gruppo “specifiche intese” modificative in peggio di regolamentazioni, anche disciplinate dal CCNL, su prestazione lavorativa, orari e organizzazione del lavoro. Le aziende potranno quindi servirsi di contratti “alla carta” disarticolando il CCNL. La scadenza contrattuale viene fissata al 30 giugno 2014. Il periodo di raffreddamento del conflitto al momento della scadenza del contratto viene allungato a 7 mesi. Tutte le OO.SS. si impegnano al rispetto del contratto, se esso viene firmato da chi rappresenta il 55% dei lavoratori iscritti. L’iscrizione ai sindacati è certificata dalla trattenuta in busta paga. Chi non ha la trattenuta in busta paga non esiste. Chi non è iscritto ad un sindacato firmatario non conta.

F) Efficacia dei contratti di secondo livello: sono validi per tutti i lavoratori e vincolanti per tutte le organizzazioni sindacali, se sottoscritti da OO.SS. che rappresentino la maggioranza dei lavoratori che vi sono iscritti. Vale anche qui la regola che i lavoratori non iscritti ai sindacati firmatari, unici beneficiari della trattenuta in busta paga, non contano niente.

G) Elemento di garanzia retributiva: nelle aziende prive della contrattazione di secondo livello e altri trattamenti economici, oltre a quanto previsto dal CCNL, spetta un importo di 258 euro lordi annui. Ci sarà da scialare …

H) Indennità di vacanza contrattuale: è confermata al 30% dell’inflazione prevista e decorre dopo 3 mesi dal mancato accordo, ma prima saliva al 50% trascorsi 6 mesi dalla scadenza, mentre ora resta ferma al 30%.

I) Apprendistato: viene attivata entro febbraio una Commissione per adeguare, entro aprile 2012, l’apprendistato professionalizzante a quanto previsto dal D.lgs. 14 settembre 2011, n. 167.

J) Long Term Care: sale da 50 a 100 euro l’anno il contributo alla Casdic per la copertura del rischio di perdita dell’autosufficienza.

Completano l’opera un’ulteriore sventagliata di Commissioni Paritetiche la cui utilità per i lavoratori resta del tutto indecifrabile, visti i risultati ottenuti, ma garantisce un bel “poltronificio” ai sindacati firmatutto: Inquadramenti, Orari di lavoro, Pari Opportunità, Accordo R.l.s., Semplificazione e Razionalizzazione Normativa, addirittura un Osservatorio nazionale sulla Produttività.

La cultura della crisi ha pervaso nel profondo anche le organizzazioni sindacali, che hanno firmato nel momento peggiore un contratto di pesante arretramento, duraturo e strutturale, soccombendo al clima di emergenza che è stato imposto al Paese dal vecchio e dal nuovo governo, con l’uso del deterioramento della situazione finanziaria. I lavoratori non hanno colpa dei guasti che sono stati arrecati alla struttura produttiva italiana, alla tenuta finanziaria, al sistema sociale. Non tocca a noi pagare i costi del risanamento! Non tocca a noi aiutare le banche a risollevarsi!

Organizziamoci per resistere e per bocciare il contratto, nelle sedi sindacali, nelle assemblee dei lavoratori, sui posti di lavoro. Usiamo la consultazione per dare il benservito a queste organizzazioni sindacali. Mettiamo insieme le energie: lavoratori arrabbiati, delegati sindacali onesti, iscritti stanchi di subire. Bocciare il contratto significa ripartire, ricominciare a resistere, dire di no quando serve e quando ci vuole.

Non lasciamoci passare tutto sopra la testa: usiamola per riprenderci in mano il nostro futuro.

C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Credito e Assicurazioni

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f.i.p. 30/01/2012

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Contratto dei bancari, non ci resta che piangere

di Mimmo Moccia, ex Segretario Generale della Fisac/Cgil

L’ipotesi di contratto siglata da ABI e dalle OOSS per il rinnovo del CCNL delle lavoratrici e dei lavoratori del credito va respinta perché lesiva degli interessi dei lavoratori, totalmente diversa dalla piattaforma presentata che aveva raccolto il 98% dei consensi ed è il frutto di un modello concertativo debole e subalterno con l’assunzione acritica da parte del sindacato delle posizioni delle banche.

Con l’accordo i bancari perdono il recupero inflattivo del biennio 2009/2010, non percepiscono alcun incremento retributivo per il 2011 ( inflazione al 2,8) e per i primi sei mesi del 2012. Si tratta di un danno stabile e permanente, mentre la scansione delle tranches porterà solo alla fine della vigenza contrattuale, tra l’altro prolungata, al recupero dell’inflazione prevista. Analogo discorso vale per la sospensione degli scatti di anzianità. La sterilizzazione, poi, del trattamento di fine rapporto e della previdenza integrativa, oltre ad essere una misura mai praticata in precedenza, rappresenta una lesione di diritti e di legittima aspettativa sul futuro.

Queste misure riducono drasticamente le retribuzioni e il potere d’acquisto e favoriscono la fase economica recessiva che vedrà nei prossimi due anni, secondo le più autorevoli istituzione economiche europee e mondiali, il PIL italiano in diminuzione e con valori inferiori allo zero. Non bisogna scomodare economisti come Wolf o Krugman, basta leggere sul Corriere della Sera e sul Sole 24 ore i liberisti Alesina e Giavazzi, per sapere che per impedire o allentare la recessione è indispensabile incrementare salari e stipendi per favorire la domanda interna ed i consumi. La scelta fatta, dunque, impoverisce strutturalmente i lavoratori e, per di più, si rivela pro ciclica, ovvero aggrava la recessione.

L’intesa si rivela peggiorativa dell’accordo sul modello contrattuale del gennaio 2009 che la CGIL si rifiutò di firmare e contro il quale organizzò assemblee, manifestazioni e scioperi perché lo riteneva non sufficientemente tutelante sul terreno economico a causa dell’indicatore scelto ( IPCA depurata dell’inflazione importata) , indeboliva il CCNL con la previsione delle deroghe e tendeva a dividere ulteriormente il mercato del lavoro tra giovani e anziani garantiti.

Il nostro contratto prevede aumenti inferiori all’IPCA depurata, introduce il salario d’ingresso, consente nella contrattazione integrativa deroghe al CCNL su prestazione lavorativa, orario di lavoro e organizzazione del lavoro. Proprio per questi aspetti l’accordo rappresenta la sostanziale continuità con quanto concordato a suo tempo tra INTESA/S.PAOLO e le altre OOSS del settore che, per incrementare di 150 unità l’occupazione, stabiliva che l’assunzione dei giovani potesse avvenire solo con una riduzione salariale e l’allungamento dell’orario di lavoro. La FISAC, con il pieno mandato e la forte sollecitazione del segretario generale della CGIL Guglielmo Epifani e del segretario confederale responsabile del settore , Fabrizio Solari, non condivise l’impostazione dell’Azienda e non sottoscrisse l’accordo.

Questi sacrifici, sono imposti ai lavoratori sulla base delle posizioni di ABI e supinamente accettata dalle OOSS e che sono fondate su chiare ed evidenti falsificazioni.

Il leit motiv , abilmente orchestrato in questi mesi, è che la crisi odierna ha gli stessi aspetti di quella del 96/99 e richiede pertanto analoghi provvedimenti ; le aziende di credito sono in gravissime difficoltà per la sottocapitalizzazione derivante dall’andamento dei corsi di borsa; le banche hanno largamente sostenuto in questi anni l’economia e le imprese con il conseguente grave deterioramento dei crediti; la crisi di liquidità a livello europeo, congiunta alle decisioni dell’EBA ( European Banking Association) impedisce il finanziamento dell’industria; le banche sono soggetti eticamente responsabili e i loro comportamenti sono stati ispirati a soddisfare al meglio i bisogni della clientela e a sostenere l’economia del Paese e per questo è necessario ridurre drasticamente il costo del lavoro, abbassare le tutele, svalorizzare i diritti, derogare dal CCNL, ridimensionare il potere del sindacato.

Il comportamento delle banche in questi anni è sotto gli occhi di tutti: non occorre essere consumati analisti, occhiuti osservatori, pervicaci critici, moralisti intransigenti per valutare dati semplici, oggettivi, di piena intelligibilità e giudicare di conseguenza. Perché non l’hanno fatto le organizzazioni del settore, compresa la FISAC? Questo rimane un irrisolto mistero.

Fine anni 90 uguale 2011? Queste fatue lepidezze vanno lasciate all’ineffabile avvocato Mussari, presidente di MPS ed ABI. A quel tempo la crisi era tale che il segretario generale della CGIL , Sergio Cofferati, intervenne al Direttivo Nazionale della FISAC sollecitando con parole molto persuasive i nostri quadri a “ far tutto il possibile e necessario per rimuovere il piombo dalle ali dello sviluppo economico e sociale dell’Italia”. Il piombo, ovviamente erano l’arretratezza e le difficoltà delle nostre banche.

In quegli anni si dissolse il sistema creditizio meridionale. Il salvataggio del Banco di Napoli che aveva registrato 5.000 miliardi di perdite in due anni e del Banco di Sicilia , tecnicamente falliti, il default pilotato di Sicilcassa e dell’Isveimer costarono decine di migliaia di miliardi di lire ai contribuenti italiani e fu necessaria una legge dello Stato, promossa da Ciampi e Cavazzuti, per consentire la ricapitalizzazione da parte del Tesoro, la costituzione di una bad bank alla quale conferire sofferenze e crediti incagliati. Per le altre banche meridionali una stringente moral suasion della Banca d’Italia convinse alcuni istituti di credito ad intervenire per acquisirne la proprietà.

A quel tempo le banche avevano dimensioni circoscritte, erano oltre 1600 ; leverage molto alto, patrimoni critici, le Fondazioni gestivano direttamente le banche; il ROE era negativo nel 40% degli istituti e la media nazionale era dell’1,5% ; il rapporto tra costo del personale e utile netto oscillava tra 15 e 17; la dimensione internazionale era affidata ad alcune filiali e uffici di rappresentanza.

Oggi il numero delle banche è di circa 800 e 63 sono i gruppi bancari; i primi 5 gruppi sono considerati da analisti e agenzie di rating too big too fail; i patrimoni stabili, ampi e con un core tier one superiore a 7; le operazioni cross-over realizzate hanno portato a numerose partecipazioni e all’acquisizione diretta di importanti banche di altri Paesi; il leverage è tra i più bassi in Europa ed è la metà della media delle grandi banche europee; il rapporto tra costo del personale e utili netti si attesta al 2,8/3 ed è inferiore al 1984 . La solidità dei nostri istituti è confermata dagli stress test, dalla banca d’Italia, dalle dichiarazioni cicliche degli stessi Amministratori delegati che ribadiscono la siderale distanza tra il nostro sistema e quello europeo ed americano. Infine, ma non per ultimo dalla costante e significativa lievitazione di premi e retribuzioni per il top management.

Accomunare e trovare somiglianze tra le due fasi ha un’unica, distorcente finalità: colpire il lavoro e i lavoratori. Non è superfluo ribadire che il 97/99 si chiuse con due straordinarie acquisizioni: l’area contrattuale e il fondo di solidarietà del settore. Conquiste che hanno permesso di difendere i connotati specifici dell’attività bancaria, tutelandone inquadramenti- contenuti professionali – retribuzioni e una radicale riorganizzazione del settore senza macelleria sociale, garantendo uscite contrattate, volontarie, incentivate e serene.

Le aziende di credito corrono gravi rischi perché le loro azioni hanno subito una robusta diminuzione di valore? Confondere l’andamento di borsa che, come tutti sanno corrisponde a logiche speculative, di brevissimo respiro, di grande mutevolezza, di emotività dei mercati con il valore reale degli assets bancari è errore grossolano e marchiano, frutto o dell’ignoranza o di tendenziose finalità. Qualcuno può realmente pensare che il solo Banco di Santander equivalga ai nostri primi cinque gruppi più Mediobanca? Che gli stessi gruppi più Mediobanca valgano realmente 38 miliardi? C’è bisogno di studi ponderosi e meditati per sapere che il solo capitale di questi aggregati finanziari è di ben quattro volte superiore alla capitalizzazione di borsa? Qualcuno si è accorto che il valore di mercato del Banco Popolare corrisponde ad un decimo di quello reale e che per il Monte Paschi questo rapporto scende a un dodicesimo? L’unico pericolo che potrebbe discendere da una quotazione azionaria bassa è quello di eventuali scalate , ma questo, come è ampiamente noto, non è possibile per le banche italiane che vivono all’interno di un sistema ultra regolamentato che rende impraticabili OPA ostili e che prevede per partecipazioni di quote superiori al 10% l’autorizzazione della Banca d’Italia. Al di là di queste elementari considerazioni occorrerebbe sempre spiegare come una robusta riduzione del costo del lavoro possa modificare e migliorare le performances azionarie, se non aderendo in toto alle aberranti logiche degli analisti finanziari e del Moloch mercato.

Le banche hanno generosamente e largamente sostenuto il nostro sistema industriale con conseguente grave deterioramento dei crediti e altissima rischiosità patrimoniale? Basta consultare i bollettini della Banca d’Italia per avere esatta certezza del contrario e le parole del governatore Visco sono chiare in tal senso: “ L’attuale configurazione dei tassi d’interesse rende molto difficile la trasmissione degli impulsi della politica monetaria”. Tradotto in concreto questo aulico linguaggio vuol dire che le banche finanziano poco sia il segmento delle famiglie che quello delle imprese e praticano tassi esorbitanti nonostante le copiose iniezioni di liquidità a costi inesistenti immesse nel sistema. Pochi esemplificativi dati sono più che sufficienti: al 31.12.2011 gli impieghi sono cresciuti del 2,2%, un punto in meno rispetto all’inflazione e la parte a breve termine è di tre volte superiore nei confronti di quella a medio-lungo termine. Gli interessi passivi , quelli verso la clientela, sono aumentati del 2% e quelli attivi del 4,82% , la forbice si è attestata a 31 punti in più sopra la media del 2010. Questi indici significano restrizione del credito e strangolamento dell’economia, inoltre a partire dal mese di aprile gran parte delle posizioni sono state messe al rientro, non solo gli sconfinamenti, ma anche le aperture di credito ordinarie. Il deterioramento del credito, dato fisiologico in una fase recessiva, non ha l’andamento di gravissimo allarme perennemente urlato da ABI e le sofferenze nette sono costanti su base annua. Particolarmente indicativa è la lettura delle singole componenti. Infatti, si evidenzia come la parte più critica sia determinata dai crediti ristrutturati, ovvero dalla trasformazione dei crediti in capitale di partecipazione, che dal 2008 al terzo trimestre del 2011 sono triplicati. Questa tipologia di crediti non è quella diretta verso le piccole e medie aziende, fulcro del tessuto industriale italiano, ma verso i grandi gruppi immobiliari, finanziari e assicurativi. Sono frutto di precise strategie politiche, non creditizie, ed hanno identità note. Sono il miliardo di Mediobanca e i 700 milioni di Unicredit versati nel pozzo PREMAFIN/FONSAI, sono i miliardi del salvataggio ALITALIA, sono le centinaia di milioni verso la TASSARA di Zaleski, Mariella Burani, Pirelli Re e così via. Sono i dati che hanno fatto scrivere a Salvatore Bragantini sul Corriere della Sera del 19 gennaio :” Molte banche finanziano anziché imprese, giochi di potere finanziario e camarille immobiliari”. Parole più chiare e definitive non era possibile dire per illustrare su come il nostro sistema creditizio interpreti la missione di sostegno delle imprese.

Sui problemi di liquidità che si sono registrati negli ultimi mesi va preventivamente chiarito che essi sono il frutto della crisi del network di fiducia tra le banche. Non è certamente un caso che, mentre tutti i banchieri invocavano interventi salvifici, contemporaneamente la BCE al 31 dicembre registrava il record di depositi ( 452,3 miliardi) praticamente infruttiferi. La stessa BCE stima in oltre 500 mld. la liquidità disponibile al netto dei coefficienti di riserva obbligatori e dei cosiddetti fattori autonomi, quindi un fiume di denaro intrappolato, però, dalla reciproca sfiducia. In ogni caso, alla stessa data le banche italiane dichiaravano un aumento dei depositi dell’1,4% su base annua e del 5,7% delle emissioni di bond, tutte tranquillamente collocate. Ogni preoccupazione di funding è stata alla fine risolta dai 116 mld. della BCE all’1% e dai 40 mld. di collaterali integralmente garantiti dallo Stato, senza considerare che per la fine di febbraio è prevista una nuova, analoga somministrazione, al punto tale che il Sole 24 Ore del 23 dicembre titolava a caratteri cubitali :” Alla lotteria della BCE vincono solo le banche”.

Liquidità abbondante, tassi di remunerazione irrisori, consentirebbero un immediato, indispensabile ed efficace rilancio degli investimenti, ma non esiste certezza che ciò accadrà. Chi potrà garantire che le banche non impiegheranno tali ingenti risorse per rimborsare le loro obbligazioni in scadenza nel 2012 verso gli investitori istituzionali? E’ un puro caso che Intesa/S.Paolo, abbia già prelevato dalla BCE 12 mld. che sono l’esatto equivalente del suo debito in scadenza quest’anno verso gli investitori istituzionali? E chi sorveglierà per impedire che la liquidità offerta dalla BCE non servirà agli istituti di credito per ricomprare le proprie obbligazioni a prezzi di saldi di fine stagione? Se qualcuno si aspetta un comportamento socialmente responsabile da parte dei banchieri è un illuso. Esemplare in tal senso è quanto accaduto il 28 novembre del 2011. Una pervasiva campagna mediatica ha informato la comunità nazionale che, per sostenere l’allocazione del debito pubblico in quel giorno, le banche avrebbero consentito la sottoscrizione dei B.T.P. senza costi aggiuntivi e spese di servizio. Il BTP day era stato definito , in realtà quella data corrispondeva al giorno precedente alla nuova emissione di titoli del Tesoro e che, quindi, alla clientela sono state vendute vecchie emissioni con interessi minori e già in portafoglio alle stesse banche che il giorno successivo hanno acquistato i nuovi BTP lucrando sul differenziale degli interessi. E’ questo il modo di servire la collettività e di contribuire al salvataggio e al risanamento del Paese?

E che dire dell’invito del presidente Mussari ai manager perché nei prossimi anni contengano i loro emolumenti? Un corale inchino sindacale, un’accorata lettera di ringraziamento delle segreterie nazionali, parole entusiastiche di riconoscenza per un comportamento così responsabile, così eticamente orientato. Peccato, però che quelle retribuzioni avessero già toccato vertici intollerabili, che avessero profondamente leso principi di razionalità e di equità, che avessero modificato in modo improprio il rapporto tra gli stipendi dei lavoratori e quelli dell’alta dirigenza. Secondo l’accordo sottoscritto i bancari dovranno rinunciare al differenziale inflattivo per il 2010 e agli aumenti per il 2011, ma negli stessi anni manager e dirigenti quanto hanno intascato di premi, incentivazione e ad personam? Un atto di civiltà sarebbe se questi dati fossero resi noti e se quei soldi fossero restituiti, solo allora si avrebbe un segno inequivocabile che qualcosa sta cambiando. E che pensare di soggetti che hanno come pratica costante l’evasione fiscale? E’ un lungo elenco quello delle banche che hanno sottoscritto con l’Erario accordi transattivi relativi ad arbitraggi fiscali. Apre, come al solito, Intesa/S.Paolo che a fronte di un miliardo d’imposte se l’è cavata con 270 milioni e chiude il CREDEM che con 54 mln. ha sanato un contenzioso ben più alto. Senza considerare che dall’allineamento dei valori di bilancio a quelli fiscali hanno ricavato ISP 2 mld. ; UNICREDIT 1 mld. ; MPS 291 mln. ; UBI 377 mln. ; Banco Popolare 203 mln. ; BIPER 60 mln. e così via.

Per queste banche, per questo modo di esercizio del credito, per questi manager, per questa elevata sensibilità sociale le lavoratrici e i lavoratori dovranno sostenere pesanti sacrifici economici con la sospensione degli scatti di anzianità e la sterilizzazione del T.F.R. che dovrà essere calcolato solo sullo stipendio e gli scatti di anzianità; accettare orari di sportello che inizino alle 7 e si concludano alle 22; essere disponibili a intensificare ulteriormente le prestazioni senza alcuna contropartita; rinunciare ad una giornata di permesso o ad una festività soppressa per sovvenzionare da soli un fondo per un’ eventuale e improbabile nuova occupazione e consentire che la gestione dello stesso sia condivisa con ABI; subire la totale fungibilità nell’Area Quadri; tollerare che i contratti aziendali e/o di gruppo possano abbassare le tutele e le previsioni stabilite dal Contratto nazionale; accettare una revisione degli inquadramenti che li renda ancora più flessibili e adeguati ai mutati assetti tecnici- organizzativi- produttivi?

Infine, i due punti più qualificanti.

Le parti contrattuali hanno convenuto sulla necessità di operare un ulteriore innalzamento di produttività nel settore e a tal fine andranno finalizzati specifici riassetti organizzativi come quello del prolungamento dell’orario di sportello. Ma hanno cognizione di quali siano i ritmi, lo stress, le incalzanti pressioni commerciali, il rischio ai quali sono sottoposti quotidianamente i lavoratori? Se non lo sanno lo possono apprendere dal titolo a tutta pagina del Sole 24 ore del 24 dicembre :” Le pressioni commerciali non vanno in vacanza” . E’ veramente strano e inconsueto che l’organo di stampa di Confindustria abbia una consapevolezza dello sfruttamento in banca che, invece , sfugge alle organizzazioni sindacali.

Cosa pensare, poi, di quello che è il fiore all’occhiello del contratto, l’impegno etico e sociale, ovvero del Fondo per l’occupazione che, alimentato solo dalla contribuzione dei lavoratori, dovrebbe garantire nei prossimi anni svariate migliaia di nuove assunzioni?

Qualcuno è al corrente che, sulla base dei piani industriali e degli accordi già sottoscritti nelle aziende e nei gruppi, è prevista da qui al 2015 una riduzione degli organici per 16.556 addetti? Sono stati letti i dati forniti da ABI e che indicano che le operazioni allo sportello nel 2011 sono diminuite del 33% e che per il 2012 è prevista un’ulteriore diminuzione del 15% a causa dell’innovazione tecnologica , dell’estensione dell’home banking e dei bancomat cosiddetti intelligenti? Di cosa si dovranno occupare, quali attività svolgere questi virtuali nuovi assunti? Come saranno utilizzate le risorse accumulate in carenza di assunzioni? La spiegazione, come sempre, è nell’ultimo paragrafo dove è scritto che il Fondo può intervenire per integrare le riduzioni di orario determinate dalla cosiddetta solidarietà espansiva. I lavoratori , esclusivi contributori del fondo, si pagheranno di tasca loro e in quota parte le riduzioni di orario che le aziende invocheranno per far fronte a cosa? All’insopprimibile bisogno di ulteriori esuberi, alle inevitabili riduzioni del costo del lavoro perché le banche possano continuare ad essere competitive, sostegno dell’economia, operatori etici e socialmente responsabili , così come lo sono state fino ad oggi.

Quale titolo si addice meglio ad una simile sceneggiatura? “ Pacco, doppio pacco e contropaccotto “ di Nanni Loy o ” Non ci resta che piangere” di Benigni e Troisi? Considerato il percorso seguito dall’approvazione della piattaforma a questa conclusione e tenendo conto delle norme a suo tempo sottoscritte dalle organizzazioni sindacali del settore speriamo che almeno su questo dilemma i lavoratori vengano ascoltati e la loro opinione possa essere vincolante.

Roma, 26.1.2012

By aidos