Non bisogna dimenticare che la guerra è comune a tutte le cose, che la giustizia viene fuori dalla lotta, e che tutto accade secondo contesa e necessità.

(Origine, Contro Celso)

Che tutto sia lotta lo stanno dimostrando un centinaio di lavoratori di HR SSC.che arrivano persino a prostrarsi, umiliarsi di fronte al “padrone” (come lo chiama Biker nel post Unicredit – Giornata di autogestione sindacale per i lavoratori di SSC Shared Service Center che vi invito a leggere) pur di salvare il proprio posto di lavoro. Mai avrei immaginato di dover assistere a scene da fine ottocento. Pensavo che nella civilizzata Italia il lavoro (e la sua dignità) fosse una conquista scontata, ma mi sbagliavo.

Non deve essere stato facile per i colleghi di SSC scrivere direttamente al CEO di Gruppo cercando un interlocutore che possa ascoltarli.

Ma come da torto a questi padri e madri di famiglia che vivono da mesi con una spada di Damocle sopra la testa? Sono colleghi che sanno solo che fra 28 giorni usciranno da questo Gruppo. A quali condizioni non è dato sapere. Certo, manterranno il contratto da bancari (o almeno così giura l’Azienda) ma con quali presupposti?

Come negare ad esempio la preoccupazione di chi ha un mutuo agevolato e che, se venissero meno i benefit previsti, si troverebbero dall’oggi al domani a pagare una rata con qualche centinaio di euro in più al mese. E la polizza sanitaria? E’ in discussione l’intero welfare di Gruppo.

A fianco del disagio nel sentirsi “tradito” da quell’Azienda che continuamente ed a parole richiama al senso d’appartenenza (come non ricordare la lettera che qualche settimana fa il Dr. Ghizzoni ha indirizzato ai lavoratori e le sue parole sul sentirsi orgogliosi di appartenere a questo Gruppo?) c’è poi quello di vedersi (s)vendere come se fossimo anche noi degli asset.

Il tutto in nome del profitto ad ogni costo.

Se a fianco di questi argomenti di per sé sufficienti a creare preoccupazione ed angoscia ci affianchiamo l’incorporazione in Ubis senza un accordo sindacale che tratta i COLLEGHI di Ucbp (come pure Ure ed Uci) come lavoratori di serie B pur essendo del Gruppo, il gioco è fatto.

Non solo.

C’è anche la campagna dei Segretari Nazionali delle sigle sindacali che rivendicano un CCNL da “lacrime” ma con un occhio di favore al lavoro. Per farci accettare un contratto capestro ci stanno dicendo che i Sindacati hanno lavorato affinché si fermi l’emorragia di lavoro dalle banche verso l’esterno ed anzi si apra una nuova stagione fatta di insourcing.

Oltre al danno la beffa!

Rimane ora da capire come mai il sindacato non abbia saputo farsi carico di questo disagio.

E’ vero che neppure noi possiamo fornire risposte che non abbiamo, ma è altrettanto vero che la comunicazione è alquanto lacunosa. Vogliamo un sindacato “partecipato” ma poi forniamo informazioni col contagocce. Come se avessimo paura del confronto e della realtà. Di quella realtà che noi stessi stiamo costruendo.

E chi non sa cerca. Cerca necessariamente e incessantemente, a volte inconsapevolmente, ma cerca.
Anche noi sindacalisti cerchiamo. Cerchiamo l’unità del Sindacato, come fosse Verità, come si cerca il Bene. La cerchiamo a tutti i costi. Ed il ”consorziane” è lì a dimostralo. Per non disunire il fronte sindacale siamo disposti all’empasse.

L’unità dei sindacati è un dogma . Intoccabile. O meglio un tabù al pari dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori.

Non si cerca l’unità dei lavoratori ma quella delle sigle.

E si rasenta l’assurdo per cui una sigla non presente al primo tavolo mi dicono sia pronta all’accordo e non può tutelare i propri iscritti a causa delle divisioni presenti tra le altre sigle.

Siamo veramente all’assurdo. Come in un’opera di Pirandello.

Quanto sta accadendo in SSC ci deve far riflettere. C’è in atto un allontanamento tra lavorati e sindacati. Ora più che mai. E’ un dato di fatto.

Forse non occorre solo una riforma del mondo del lavoro, ma anche quella dei loro rappresentanti.

 

By aidos