Ubis: il lavoro scappa all’estero

Il 70% (ma forse anche di più, questo lo scopriremo solo vivendo) delle assunzioni in Ubis sarà effettuato oltre gli italici confini.

E’ molto probabile che quel centinaio d’assunzioni  che si faranno nei prossimi anni in Italia sarà necessario per ricoprire posizioni chiave nella Governance o per ricoprire ruoli per attività che difficilmente potranno essere delocalizzate all’estero velocemente.

Non a caso le assunzioni si concentreranno soprattutto in quei paesi (Polonia e Romania) dove minore è il costo della manodopera.

Dov’è l’impegno sociale delle banche a sostenere il proprio Paese?

Meglio sfruttare i lavoratori romeni o polacchi pagandoli poche centinaia di euro al mese che investire in Italia, dove tra l’altro, il tasso di disoccupazione giovanile è molto più alto.

I sindacati al tavolo hanno firmato un accordo per contenere il costo del lavoro per i neoassunti (defiscalizzazione contributi, fondo per l’occupazione finanziato dagli stessi lavoratori) e le banche cosa fanno?

Dumping?

E’ ora di mettere fine a queste pratiche indegne.

Ora ci chiediamo dove sono finite le Segreterie Nazionali delle sigle sindacali, quelle che hanno firmato il CCNL che, a fronte di numerosi sacrifici (l’ultimo contratto ha tolto diritti, abbassato le tutele, bloccato gli scatti, introdotto un salario d’ingresso ridotto, regolamentato i contratti complementari con più orario e meno salario, sterilizzato numerose voci retributive per l’accantonamento del t.f.r. – che poi le banche hanno esteso anche ai fondi pensione – , esteso l’orario di sportello fino al doppio di prima su discrezione aziendale, tolto a tutti un giorno di libertà per finanziare il fondo per l’occupazione giovanile, imposto il godimento “forzato” delle ferie ed altre amenità varie) concedeva in cambio qualche aumento salariale scaglionato (autofinanziato dalle riduzioni su TFR e previdenza integrativa) e soprattutto prometteva, almeno sulla carta, una tornata di assunzioni e favoriva il rientro di lavorazioni prima date in appalto all’esterno.

Tutto ciò dov’è???

Oltre il danno la beffa.

L'azienda fa “cappotto”: mentre gli italici lavoratori sono chiamati a salvare il conto economico con le esternalizzazioni, lei sfrutta l'opportunità della manodopera a basso costo dell'Est Europa.

E sulla questione l’Azienda come si è giustificata? Siamo una banca multinazionale, gli investimenti li facciamo dove riteniamo opportuno e dove ci conviene! Fino a quando tollereremo tutto questo?

 

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cicl in p 5-2-2014

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By jvb