Era il 2002, Silvio Berlusconi stava a Palazzo Chigi e Roberto Maroni al ministero del Lavoro. Per rilanciare l’occupazione, l’esecutivo di centrodestra mise mano all’articolo 18 e allo Statuto dei lavoratori, con l’intenzione di rendere più flessibili i contratti, cioè più o meno quello che si vorrebbe fare oggi con dodici anni di ritardo. Sergio Cofferati era all’epoca il segretario della Cgil e al Circo Massimo radunò contro il progetto governativo tre milioni di persone, così almeno scrissero i giornali dando per buone le cifre fornite dal sindacato. Forse il numero era un po’ gonfiato, forse i manifestanti non erano tre ma due o addirittura solo un milione. Sta di fatto che, anche ridotti a un terzo, i partecipanti erano comunque tanti, quasi quanti gli abitanti dell’intera Milano. Come si fa a radunare tante persone?, chiesi a Saverio Pezzotta, amico di vent’anni e segretario della Cisl. Semplice, mi rispose, basta investire qualche milione di euro, noleggiando autobus, treni e perfino traghetti, tenendo conto che a molti dei convenuti dovrai pagare anche la merenda.
La battuta mi incuriosì. Ma questi sindacati di quanti soldi dispongono?, cominciai a interrogarmi. E quanto costa una manifestazione come quella al Circo Massimo? Possibile che il denaro arrivi solo dalle tessere pagate dagli iscritti? Non sarà un’altra frottola tipo quella delle feste dell’Unità che secondo la leggenda finanziavano il Pci? Le domande trovarono puntuale risposta in un’inchiesta che commissionai ai colleghi de il Giornale, il quotidiano che allora dirigevo. Gli articoli uscirono a puntate e tratteggiarono uno spreco da far paura. A dare i soldi a Cgil, Cisl e Uil non erano tanto i lavoratori, quanto lo Stato, che via Inps e ministero delle Finanze pagava Caf e patronati per una serie di funzioni che avrebbero dovuto svolgere l’ente previdenziale e il ministero. In pratica, il denaro con cui il sindacato organizzava le proteste contro il governo lo forniva il governo stesso, saldando ogni anno 200 milioni alle organizzazioni confederali. Ricordo che dopo i primi titoli a tutta pagina mi telefonarono alcuni cosiddetti rappresentanti dei lavoratori e diciamo che le conversazioni non furono per complimentarsi. Chiamò anche Maroni, il quale si disse stupito di quanto denunciato da il Giornale e promise di intervenire.
Vi state chiedendo perché racconti una storia vecchia come il cucco? Semplice: da allora è passato molto tempo e dell’argomento si sono occupati in molti. Addirittura è uscito un libro di un giornalista dell’Espresso, Stefano Livadiotti, dal titolo significativo L’altra casta, in cui sono raccontati gli episodi di spreco sindacale. Ciò nonostante, i finanziamenti che ogni anno lo Stato versa a Cgil, Cisl e Uil non mancano mai. Anzi, nel tempo sono aumentati, al punto che secondo un’inchiesta di Osvaldo De Paolini, pubblicata ieri su Il Messaggero, adesso i fondi che il sindacato incamera ammontano a un miliardo tondo. Solo grazie alle convenzioni pubbliche, Caf (centri di assistenza fiscale) e patronati incassano 600 milioni, senza che nessuno eserciti un controllo e senza che alcuno pretenda non dico un bilancio consolidato, ma almeno un rendiconto, come pure la Costituzione imporrebbe. Non è tutto. Oltre a finanziare Cgil, Cisl e Uil, lo Stato paga loro pure i contributi previdenziali di tutti i funzionari che operano nelle diverse sedi centrali e distaccate (i famosi contributi figurativi che ogni anno l’Inps conteggia per decine di migliaia di persone anche se queste non li versano) e lo stipendio a 3.655 dipendenti statali che, pur essendo a libro paga di ministeri e enti locali, lavorano per il sindacato.
Avete capito bene? Renzi litiga con Susanna Camusso perché alla segretaria della Cgil non piace né il Jobs Act né la politica di riduzione delle tasse del nuovo governo. E sempre Renzi litiga con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e con la Ragioneria generale dello Stato perché non ci sono i fondi per tagliare le tasse e rifare le scuole. Beh, allora, se ha davvero coraggio come ogni due per tre ci ricorda, il presidente del Consiglio faccia una bella cosa: tagli tutti i trasferimenti al sindacato e prenderà due piccioni con una fava. Da un lato sfuggirà alla morsa con cui lo strapotere sindacale tiene sotto scacco ogni governo e dall’altro avrà a disposizione almeno un miliardo da dare a lavoratori e imprese.
PS. Come è noto Cgil, Cisl e Uil hanno molti iscritti fra i dipendenti pubblici. Sarà per questo che, nonostante la recessione, i dirigenti statali hanno visto i loro stipendi lievitare anche del 60 per cento in poco più di una decina di anni? Di sicuro c’è un fatto: la crisi non colpisce tutti allo stesso modo. Nel settore privato aumentano i disoccupati, in quello pubblico no. Però alla fine Renzi i soldi in busta paga li darà a quelli che il lavoro (magari statale) ce l’hanno, mentre chi è rimasto a casa per ora dovrà accontentarsi delle promesse.

di Maurizio Belpietro

(Via Liberoquotidiano.it)

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