Roma, 22 feb – Stiamo davvero tornando agli anni di piombo, come ripetono in molti, dopo gli ultimi casi di violenza politica per mano antifascista e le campagne stampa sapientemente orchestrate? Sì e no. Chi scrive non ha vissuto, per ovvie ragioni anagrafiche, la lotta politica degli anni ’70, ma alcune similitudini e divergenze si possono comunque tracciare con relativa sicurezza.

L’atomizzazione della società ha fatto, purtroppo, enormi passi da gigante. Negli anni ’70 quelle che vengono chiamate le “agenzie di senso” (la chiesa, il partito, il sindacato, la classe sociale, la famiglia) avevano ancora un ruolo, costituivano lo sfondo in cui maturavano le esperienze individuali. Lo stesso terrorismo fu, a ben vedere, un’avventura collettiva, per quanto sanguinaria. Oggi siamo tutti più soli, coltiviamo le nostre nevrosi nel nostro disperato cantuccio individualistico. Ecco perché le figure così americane dei “giustizieri” sono molto più in fase con la nostra epoca rispetto a qualsiasi tipo di violenza organizzata. E non ci dimentichiamo dell’immigrazione, elemento totalmente assente all’epoca e oggi potente acceleratore di implosione sociale, in grado di catalizzare su di sé le allucinate speranze messianiche degli uni quanto la rabbia e la frustrazione degli altri.

La comunicazione nell’era di internet, poi, cambia completamente le regole del gioco: tutto viene amplificato a dismisura, ma anche presto dimenticato. Episodi che in passato avrebbero meritato un trafiletto nella cronaca locale divengono virali, se solo si ha la fortuna di riuscire a catturare l’attimo con una telecamera. Ma, per l’appunto, tutto si consuma velocemente, quindi anche la “distrazione di massa” deve funzionare più come metodo costante e sistematico che sulla base di un singolo input gettato in pasto alla gente.

C’è inoltre stato un crollo verticale del senso del tragico. Negli anni ’70, il rapporto con la violenza, la morte, con il sangue, con il coraggio, con l’avventura era completamente diverso rispetto a oggi. A quel tempo, la guerra, il fascismo, l’antifascismo, erano ricordi non troppo lontani, avevano a che fare con la generazione dei padri. E anche il contesto internazionale era segnato da gradi lotte, guerre, guerriglie, rivoluzioni. Inoltre, vedi punto precedente, l’anestetizzazione mediatica aveva un impatto completamente diverso.

Un elemento che invece ci avvicina a quegli anni è dato dal gioco sporco di stampa e politica. Il gioco pericolosissimo a cui stanno giocando il gruppo L’Espresso, Liberi e Uguali, gran parte del Pd etc ricorda davvero le peggiori campagne degli anni ’70. La volontà di creare caos e violenza per imporre scelte governative “stabilizzanti” (in questo caso le larghe intese) appare quella di un tempo. E la reazione dell’estrema sinistra, che a tale manovra si presta allegramente come manovalanza sporca, pure. Il che potrebbe far sì che certi meccanismi si ripetano, ma in forma diversa, con dei casus belli più spettacolari ma anche più effimeri. Ad ogni modo, affinché certi meccanismi infernali non si rimettano in moto, serve che sempre più persone si sottraggano al tranello e lo denuncino pubblicamente, ma non in modo moralistico (“oddio, torna la violenza, chi penserà ai bambini?”), quanto piuttosto offrendo soluzioni alternative reali, vie d’uscita politiche, il senso di un’impresa comunitaria solare, rivolta al futuro, matura, incorruttibile.

Adriano Scianca