Auguri mamme d’Italia. La foto di Meloni con la figlia scatena rancori “sinistri”

lunedì 14 maggio 2018 – 16:49

La foto è, al di là di come la si pensi, è deliziosa. Perché in effetti l’abbraccio di una madre con la figlia è una bella immagine. E Giorgia Meloni domenica, nel giorno della festa della mamma, ha optato proprio per una foto di questo tipo: la sua, con la figlioletta Ginevra in braccio. Una foto che parla di amore materno, con l’augurio alle “mamme d’Italia”. Ma sono tempi in cui l’immagine tradizionale e naturale – una donna che abbraccia un figlio – è considerata quasi un oltraggio politicamente scorretto a una filosofia individualista che conosce solo il diritto di fare ciò che si vuole. Non solo: sono anche tempi in cui si ritiene che battersi per i diritti delle madri deve passare in secondo piano rispetto a pratiche – come la gestazione per altri o utero in affitto – tollerate o addirittura difese il nome del diritto alla genitorialità di tutti, anche delle coppie omosessuali. Da questo punto di vista la foto postata da Giorgia Meloni è risultata per alcuni urticante. Così, anche se i like sono stati quasi 1500, qualcuno si è scomodato per farle notare che chiunque si senta mamma ha diritto di essere festeggiato… Con tanto di foto. mammoNè potevano mancare quelli che non hanno gradito il taglio “nazionalista” degli auguri. Del resto a introdurre la festa della mamma italiana fu il fascismo nel 1933 introducendo il 24 dicembre la Giornata della madre e del fanciullo. Nel dopoguerra si diffonde la celebrazione a maggio – mese della Madonna – della festa, su iniziativa di un parroco umbro, don Otello Migliosi, che organizzò la prima festa nel 1957 a Tordibetto di assisi. Un anno prima il sindaco di Bordighera aveva introdotto però nel suo Comune il primo festeggiamento delle mamme. Esiste dunque una storia tutta italiana di questa festa – che un tempo ricorreva l’8 maggio – e non è certo denigratorio verso le mamme di altri paesi ricordare negli auguri le madri italiane, tra le più penalizzate sia per il trattamento salariale sia per l’assenza di concrete politiche familiari.