La storia del patto indecente tra giornali e magistrati

Ostellino l’ha scritto ieri su Il Foglio e partiva essenzialmente dal periodo di Mani pulite, quando il patto, cioè, secondo lui, sarebbe stato più o meno questo: «Voi – dissero i media a magistrati – tenete fuori da Mani pulite i nostri editori e noi vi aiutiamo a mettere le mani, e a far fuori, i loro concorrenti e ad attribuire tutta la responsabilità della corruzione alla politica». Partendo da questo, dice Ostellino arrivando così all’oggi, «si realizzò la trasformazione dell’Italia in un Paese nelle mani di una magistratura inquirente e di un sistema informativo che ignoravano l’Habeas corpus e istruivano processi e comminavano condanne sulle pagine dei giornali prima ancora che a farlo fossero i tribunali».

(…) Poi c’è il discorso dei direttori di giornale e dei giornali, cioè, che appartenevano ai succitati imprenditori. Ai tempi, nel 1992, si mormorava che i direttori si telefonassero per concordare spazi e titoli comuni: un pool di vertice, in pratica. Si stupirono in molti, diversi anni dopo, quando Piero Sansonetti, condirettore de l’Unità nel 1992-1993, raccontò che era tutto vero: «Nel biennio 1992-1993 nacque un’alleanza di ferro tra quattro giornali italiani: il Corriere, la Stampa, l’Unità e Repubblica. Il direttore de l’Unità era Walter Veltroni, alla Stampa c’era Ezio Mauro, il caporedattore di Repubblica era Antonio Polito

Titoli concordati – Tra i quattro giornali si stabilì un vero e proprio patto di consultazione che li rendeva fortissimi: ci si sentiva due o tre volte al giorno, si concordavano le campagne, le notizie, i titoli. Il punto di riferimento di tutti era Paolo Mieli». Paolo Mieli ed Ezio Mauro non hanno confermato, ma Antonio Polito sì:  «Le cose funzionavano pressoché come dice Sansonetti… il governo perse in pochi mesi una decina di ministri che si dimettevano subito, appena ricevuto l’avviso di garanzia, anche per via delle nostre campagne di stampa. Abbiamo interpretato e indirizzato l’opinione pubblica. Facemmo quel patto proprio perché il nostro peso era enorme… Quella scelta di federarsi fra giornali non fu buona, non la rifarei. Ma lo dico oggi».

In effetti stiamo parlando di roba di vent’anni fa. Che cos’è cambiato, da allora? Molte cose, compreso un diluvio di intercettazioni che ai tempi non c’era, e che oggi, troppo spesso, si accompagna a procedimenti che poi non reggono il vaglio dei processi. Quelli dei tribunali, almeno: i processi imbastiti sui giornali funzionano ora come allora.

Filippo Facci via Libero

(Via toscanoirriverente)

By aidos