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Dopo il trattato di pace del 10 febbraio 1947, con cui venivano assegnate alla Jugoslavia città e terre italiane. A parte il cosiddetto Territorio libero di Trieste, diviso tra una zona A affidata al governo militare alleato e una zona B gestita dalla Jugoslavia, tutte le città costiere dell’Istria occidentale, per non parlare di Fiume, delle isole del Quarnaro e di Zara, andarono alla Jugoslavia. L’esodo più emblematico avvenne da Pola: in poche settimane la città, abitata per lo più da italiani, si svuotò. Partirono 28mila persone su circa 30mila abitanti. Un esodo biblico avvenuto con ogni mezzo, a partire dal piroscafo Toscana che fece numerosi viaggi traghettando i ns connazionali. L’esodo durò sino al trattato di Osimo del 1975 e partirono circa trecentomila italiani, fuggivano dai massacri da parte dei comunisti slavi titini.
Proprio nel febbraio 1947, dopo il quarto viaggio del piroscafo Toscana, approdato ad Ancona, un gruppo di esuli venne fatto salire su un treno che doveva raggiungere La Spezia. Era prevista una sosta a Bologna per rifocillare quella povera gente, tra cui c’erano molti bambini. Ma propio la CGIL con le sua bandiere rosse, impedì che il convoglio si fermasse. Fuggivano dal regime comunista di Tito, erano traditori del comunismo.Quindi fascisti, non avevano diritto neppure ad una bottiglia d’acqua, nessuna pietà. Il treno dovette proseguire fino a Parma, dove finalmente l’esercito poté allestire una cucina da campo.