Battisti in Italia, ci siamo?

Da Il Giornale d’Italia di @IgorTraboni

Si riapre più di uno spiraglio per l’estradizione del terrorista comunista che non ha mai pagato per i crimini commessi durante gli anni di piombo

Battisti in Italia, ci siamo?

Si riapre uno spiraglio, e forse qualcosa di più, per l’estradizione in Italia di Cesare Battisti, il terrorista rosso condannato per quattro omicidi a due ergastoli mai scontati, perché scappato prima in Francia e lì protetto dalla sinistra di quel Paese (con la complicità di certi ambienti “intellettuali” e politici italiani sempre di sinistra) e poi in Brasile, accolto e coccolato dal “compagno Lula”.

La Procura Generale brasiliana ha infatti inviato un parere al Supremo Tribunale Federale sostenendo che la decisione sulle sorti del terrorista italiano già membro dei Proletari armati per il comunismo <è esclusivamente del presidente della Repubblica Michel Temer>. La procuratrice Raquel Dodge ha quindi respinto la tesi della difesa di Cesare Battisti, secondo la quale il decreto con cui l’ex presidente Lula Da Silva impedì l’estradizione non poteva essere modificato dall’attuale presidente. Un decreto, va ricordato, che Lula – a suo tempo definito un punto di riferimento dall’ex premier italiano Matteo Renzi che poi lo accolse con tutti gli onori del caso – adotto l’ultimo giorno del suo mandato, neanche non vi fossero questioni più urgenti per il suo disastrato Paese. 
Fatto sta che da allora il terrorista rosso gode di un visto permanente in Brasile e nonostante ciò nei mesi scorsi cercò di fuggire, anche se poi venne rocambolescamente fermato alla frontiera.

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Ma torniamo alla procuratrice Dodge, che sostiene invece come la decisione sulla consegna di Battisti all’Italia sia politica e non giudiziaria. Di fatto, resta tutta da dipanare la procedura per l’estradizione, timidamente avanzata dall’ultimo governo italiano dopo che non era stata invece perorata né da quello di Renzi né da quello di Letta e tanto meno da quello presieduto da Monti.
In pratica, è stata aperta una nuova istruttoria nell’ottobre del 2017 e ora questo parere potrebbe in qualche modo riconsiderarla. Ma i tempi della giustizia brasiliana sono lunghi e tremendamente legati ad una sorta di burocrazia che rimpalla le decisioni da un organismo all’altro.

Servirebbe un nuovo impulso dall’Italia e un governo finalmente “nuovo”, anche da questo punto di vista, potrebbe fare la voce grossa nei confronti del Brasile.

By aidos